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La cruda realtà dell'ITC dei piccoli Comuni

Il 19 febbraio u.s. è stato reso disponibile, sul sito web di AgID, il catalogo nazionale dei dati della pubblica amministrazione.

Avendo partecipato al censimento di tali dati, incuriosito dal metodo di rilevazione, che prevedeva la compilazione di un foglio elettronico, con pochissimi campi vincolati, mi sono chiesto: come faranno mai in AgID a normalizzare i dati. Spinto da tale curiosità ho scaricato la banca dati messa a disposizione sul sito dell'Agenzia ed ho provato a generare un po di dati statistici, giusto per verificare sino a che punto la famosa affermazione “GIGO” (Garbage In Garbage Out) fosse vera.

I risultati ottenuti dall'analisi statistica del “catalogo” in argomento ha messo in luce gli effetti previsti: gli stessi produttori software sono stati caricati nel catalogo con decine e decine di nomi diversi, più di 17.000 basi dati censite sono state caricate più volte da parte delle stesse amministrazioni, i campi della rilevazione sono stati compilati con la fantasia del più creativo romanziere di fantascienza, etc etc.

I dati rilevati evidenziano come la stragrande maggioranza degli enti censiti non possieda personale con conoscenze informatiche approfondite. Non mi meraviglia quindi, che in tanti, hanno trascritto pedissequamente sulla rilevazione un elenco fornito dalle software house di riferimento e purtroppo per ogni Ente ci sono sempre più software house. Quello che sconcerta è che tra gli Enti “fantasiosi” si trovano molti comuni, enti a cui è affidato nei prossimi 18-24 mesi la rivoluzione digitale della P.A. (ANPR, SPID, documento e fascicolo elettronico, Italia Login, presentazioni pratiche on line, etc). In realtà nemmeno di questo dovremmo meravigliarci, se consideriamo che circa il 66% dei comuni italiani non ha un addetto dedicato in modo esclusivo all’ICT.

Anche il più illuso e incompetente osservatore di tale scenario concorderebbe che le possibilità di successo della tanta strombazzata rivoluzione digitale della P.A., in queste condizioni, sono pari a zero. Insomma si va incontro ad un sicuro insuccesso.

I comuni, con i ventilatori davanti ai server per rinfrescarli, senza gruppi di continuità, senza locali dedicati all’ICT, senza personale, senza formazione, senza direttive precise sull’obbligo di valorizzare l’ICT come risorsa fondamentale dello sviluppo della P.A., non hanno alcuna possibilità di reggere la sacrosanta volontà del governo di creare una P.A. digitale vicina al cittadino.

Conferma dello stato di sbandamento informatico delle Amministrazioni è arrivata in occasione dell’adempimento legato alla presentazione del “Piano per la presentazione delle istanze on line (art. 24 D. L. 90/2014).

Non c’è da meravigliarsi se, nei giorni in cui scadeva la presentazione del “Piano”, pervenivano da parte di grandi fornitori software della P.A., offerte per la redazione del documento comprensivo della fornitura di una piattaforma per la presentazione di un certo numero di tipologie di istanze on line, a quattro soldi.

Segno preciso che anche da parte delle software house (che conoscono benissimo lo stato reale della P.A.) c’è la precisa consapevolezza che la scadenza in questione è stata solo un’ ulteriore bolla di sapone su cui speculare quattro spiccioli. Software house che spesso approfittano dell’assenza di personale ICT preparato all’interno degli Enti, propinando costi di manutenzione ed assistenza stratosferici.

Allora riprendendo lo studio di Netics “Tutti i numeri del caos IT nei Comuni” , sarebbe il caso di comprendere i motivi veri che determinano questo caos, che non sono altro che quelli sopra indicati.

Viene quindi da chiedersi qual è il motivo di tanta miopia: di certo i tecnici e i giuristi che stanno conducendo questa enorme sfida, a cui il Governo si affida, hanno ben presente il disastroso stato delle risorse ICT nella P.A..

Cos’è allora che non permette una vera ristrutturazione (ma sarebbe meglio chiamarla strutturazione) degli asset che dovranno garantire la funzionalità della P.A. digitale ?

Perché non vengono messe in campo le soluzioni, spesso a costo zero, tante volte suggerite dagli addetti ai lavori da queste pagine ?

La risposta probabilmente risiede nelle indiscrezioni che su importanti organi di stampa nazionali vedono in chiusura AgID, magari in favore di un Dipartimento della Presidenza del Consiglio che possa governare contemporaneamente tutti gli aspetti della rivoluzione legati alla P.A. digitale, sia quelli squisitamente tecnici (oggi di pertinenza di AgID) che quelli di tipo riorganizzativo che sono demandati al Ministro per la pubblica amministrazione.

Nella gestione della necessaria ristrutturazione, d’altra parte, non si può ignorare che la Nazione sta attraversando una profonda crisi economica, e che pertanto soluzioni basate esclusivamente su investimenti di carattere economico sono, allo stato attuale, impraticabili.

E’ pertanto indispensabile procedere sin da subito con azioni riorganizzative a breve ed a medio termine, che di certo possono contribuire a migliorare lo stato dell’ ICT nella PA:

  • garantire la presenza di un addetto al centro elaborazione dati in tutti i comuni con almeno 5.000 abitanti, (almeno nel piano delle assunzioni) con competenze esclusive in ambito ICT;

  • prevedere un’ assegnazione minima di risorse economiche da utilizzare in ambito ICT, computata come percentuale sulle somme di investimento dei bilanci di ogni singolo ente;

  • obbligare tutti i comuni, con almeno 5000 abitanti, a dedicare idonee risorse strutturali, seppur minime, nelle more del consolidamento dei centri elaborazione dati;

  • formare adeguatamente i dipendenti ed in particolare chi si occupa di ICT, utilizzando piattaforme di E-Learning, magari erogate dall’università, con l’assegnazione di crediti formativi, spendibili nella carriera lavorativa;

  • incrementare il numero di addetti ICT, favorendo la mobilità dagli enti in dismissione, nel rispetto della località di residenza;

  • sostenere il cambio di profilo per quei dipendenti pubblici che, in possesso di una formazione specifica nel campo dell’ICT, oggi svolgono i propri compiti in altri settori e/o in altri Enti della P.A.

  • stimolare l’accorpamento tra più Enti, delle funzioni e dei servizi ICT nei comuni con meno di 5000 ;

  • dettare standard di “cooperazione applicativa” e dataset minimi negli ambiti applicativi gestionali più diffusi nella P.A, così da favorire una più semplice migrazione e pertanto una maggiore concorrenza;

  • prevedere la figura del responsabile dei sistemi informatici dando finalmente attuazione alla prescrizione di cui all’art. 10, comma 1 del D.lvo 12 febbraio 1993, n. 39 almeno per gli enti di maggiori dimensioni come i comuni con una popolazione al di sopra di 100.000 abitanti. Al fine di garantire trasversalità di azione sull’intera struttura organizzativa, nei comuni con più di 5000 abitanti ma con meno di 100.000, prevedere, ove non è possibile assegnare al reparto ICT autonoma personalità organizzativa, l’assegnazione diretta dello stesso al vertice burocratico dell’Ente.

  • Includere un rappresentate di OpenSiPa (o di consulenti specializzati) nei tavoli tecnici, quale interlocutore e rappresentante della reale situazione dell’ICT nelle piccole e medie realtà;

Siamo certi che la vera rivoluzione digitale della P.A. debba necessariamente passare dal riconoscimento dell’importanza dei sistemi informatici nell’ambito di ciascuna struttura. Solo così potranno essere costruite le fondamenta tecnologiche su cui sviluppare la nuova pubblica amministrazione.


News inserita il 11/03/2015 alle 08:53

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