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Interventi della Corte dei Conti sulla verifica dell’applicazione dei principi dell'armonizzazione

Riportiamo, di seguito, un articolo della Gazzetta degli Enti Locali sugli interventi che sta svolgendo la Corte dei Conti in sede di verifica dei Consuntivi 2014, in particolare sulle operazioni di transito verso la contabilità armonizzata.

La scelta di Studio K, di vincolare la procedura ad un’applicazione ferrea dei principi contabili al D.lgs n. 118/2011, ha impegnato sicuramente la ragioneria dell’ente, ma ha permesso di gestire l’armonizzazione in modo corretto. 

Corte dei conti: il riaccertamento straordinario effettuato in violazione del principio della competenza finanziaria potenziata è da rifare (prima del consuntivo 2015)

di Stefano Usai

1. Premessa
Risultano sempre più numerosi gli interventi delle varie sezioni della Corte dei conti che, in sede di verifica dei consuntivi 2014 ed in particolare sulle operazioni di transito verso la contabilità armonizzata – e quindi del riaccertamento straordinario dei residui –, accertano irregolarità contabili (definite gravi) relative proprio alla operazione di adeguamento dei residui al principio fondante la contabilità armonizzata. Si tratta del principio della “competenza finanziaria potenziata” che impone di scindere, in fase di (ri)certificazione sulla permanenza o meno dei residui il perfezionamento dell’obbligazione giuridica dal momento della sua esigibilità, tanto dal lato passivo quanto dal lato attivo.
Aspetti non di poco conto, considerato che dall’operazione in argomento scaturisce la definizione delle partite che possono restare a residuo (perché perfezionate ed esigibili al 31/12) da quelle che invece contribuiscono a definire il risultato di amministrazione e/o sono destinate ad essere reimputate, in quanto ad esigibilità differita, all’esercizio successivo e/o da quelle destinate ad “alimentare” l’accantonamento che si realizza con il fondo pluriennale vincolato destinato – attraverso entrate vincolate già accertate – a “finanziare” obbligazioni giuridiche la cui esigibilità non è simmetrica rispetto all’entrata e si realizza negli esercizi finanziari successivi rispetto al momento dell’accertamento.

2. La richiesta di rinnovare il riaccertamento straordinario
Una delle delibere, come si diceva in premessa, più recenti è la n. 20/2016 della sezione Liguria (che succede alle già note nn. 8,11,12 e 13) depositata il 7.3.2016.
Secondo riflessioni e sottolineature già note, l’estensore puntualizza come in seguito all’esame della delibera giuntale di riaccertamento straordinario “si è riscontrato come non sia stata effettuata la corretta reimputazione dei residui attivi e passivi agli esercizi di effettiva esigibilità, espressamente richiesta dall’art. 3, comma 7, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.In particolare, risulta che tutti gli accertamenti e gli impegni sono stati reimputati all’esercizio 2015”.
Questa prima puntualizzazione richiede già una prima (anche banale) considerazione, evidentemente astraendo dal caso specifico.
In una complessiva reimputazione all’anno successivo di ogni accertamento (dal lato attivo) e di ogni impegno di spesa (dal lato passivo) tutti i dirigente/responsabili di servizio – da non sottovalutare, in ogni caso, l’eventuale ruolo dei responsabili di procedimento ciascuno incaricato dell’istruttoria su specifiche partite – hanno dichiarato che le obbligazioni risultavano perfezionate ovvero esisteva il titolo giuridico che ne ha giustificato l’iscrizione in bilancio e, sopratutto, che le predette sarebbero diventate esigibili (tutte!) nel corso dell’esercizio finanziario successivo (2015).
Questa circostanza risulta piuttosto delicata anche perché il mantenimento del residuo implica una dichiarazione (certificazione) di responsabilità da parte del responsabile che ne ha la gestione, impone cioè la precisa indicazione della ragione giuridica che giustifica il mantenimento.
Queste ragioni devono essere indicate in specifici atti – e magari approvate con propria determinazione – che poi risulteranno parte integrante del procedimento. Schede su cui, evidentemente, si deve esercitare anche il controllo del responsabile dei servizi finanziari.
Nella delibera della sezione regionale ligure si prosegue rilevando che una simile operazione – condotta praticamente senza un distinguo – viene configurata dalla stessa Sezione autonomie (delibera n. 32/2015) come irregolarità grave.
In quest’ultimo intervento citato – che peraltro riporta le indicazioni rese dalla stessa sezione con la delibera n. 4/2015 – si puntualizza come uno specifico focus sia stato posto sul “riaccertamento straordinario dei residui” considerato autentico “punto di snodo essenziale per l’avvio del processo di armonizzazione contabile”.
Con la stessa deliberazione n. 4/2015 – sugli adempimenti correlati al riaccertamento straordinario – la sezione ha espressamente affermato “che al termine del riaccertamento straordinario dei residui non sono conservati quelli cui non corrispondono obbligazioni giuridicamente perfezionate ed esigibili. I residui attivi devono rappresentare veri crediti dell’ente, anche se di dubbia e difficile esazione in termini di cassa, e i residui passivi devono rappresentare veri debiti dell’ente: crediti e debiti scaduti ed esigibili”.
Ed il corretto riaccertamento, “ai sensi della lettera b) dell’art. 3, comma 7 del d.lgs. 118/2011 e s.m.i., è fondamentale per il controllo ed il mantenimento dell’equilibrio della “gestione dei residui” per gli effetti che si determinano sia sulla competenza che sulla cassa”.
Pertanto, il modus operandi di un riaccertamento senza il rispetto delle implicanze del principio della competenza finanziaria potenziata viene configurato dalla Sezione delle autonomie predetta come una “grave irregolarità contabile nell’applicazione del principio di competenza finanziaria potenziata”, nonrisultando in questo modo “determinata correttamente l’esigibilità dei residui passivi, con la conseguente compromissione della corretta costituzione e gestione del fondo pluriennale vincolato”.
Per effetto di quanto, il comune ligure è stato diffidato a procedere urgentemente “e comunque non oltre la data di approvazione del bilancio consuntivo 2015 – a porre nuovamente in essere, in misura questa volta corretta, un’operazione di riaccertamento straordinario che dovrà limitarsi esclusivamente ad allocare correttamente i residui attivi e passivi negli esercizi di effettiva scadenza dei sottostanti crediti e debiti”.
L’utilizzo dell’avverbio “esclusivamente” non va sottovalutato alla luce di altra recente deliberazione (in questo caso della sezione della Campania n. 37 depositata il 9 marzo 2016) in cui si è confermata l’irritualità di una riapprovazione, autonomamente decisa, del rendiconto di gestione (che nel caso di specie ha portato la sezione ad una “semplice” presa d’atto).

3. Il dato normativo
Come si legge nella delibera in commento – fermo restando quanto disposto dal principio contabile di cui all’allegato 4/2 (punto 5.4) – la sezione rammenta il corretto perimetro che andava rispettato nel riaccertamento straordinario (ed in quello, evidentemente, ordinario).
La norma in parola, in particolare, è l’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 118/2011 come modificato dal decreto legislativo 126/2014 a mente del quale “al fine di adeguare i residui attivi e passivi risultanti al 1° gennaio 2015 al principio generale della competenza finanziaria […] escluse quelle che hanno partecipato alla sperimentazione nel 2014, con delibera di Giunta, previo parere dell’organo di revisione economico-finanziario, provvedono”, contestualmente all’approvazione del rendiconto 2014, al riaccertamento straordinario dei residui, consistente:

  1. nella cancellazione dei propri residui attivi e passivi, cui non corrispondono obbligazioni perfezionate alla data del 1° gennaio 2015.
  2. e per ciascun residuo eliminato in quanto non scadutodevono essereindicati gli esercizi nei quali l’obbligazione diviene esigibile, al fine di consentirne l’imputazione, secondo i criteri individuati nel principio applicato della contabilità finanziaria di cui all’allegato n. 4/2.

A questo ambito generale di riferimento, solo il principio 4/2 puntualizza le sole eccezioni (al netto delle spese per l’accessorio del personale e delle spese del contenzioso) oggetto di attenta considerazione sia da parte del responsabile del procedimento di spesa, sia in fase di controllo dello stesso responsabile dei servizi finanziari.
Le eccezioni al principio della competenza finanziaria potenziata, di maggior rilievo, che come noto consentono di utilizzare il Fondo Pluriennale vincolato per far fronte alle spese ad esigibilità differita rispetto all’accertamento delle entrate, (punto 5.4 dell’allegato 4/2) riguardano le spese di investimento ed in specie:
a) Tutte le voci di spesa contenute nei quadri economici relative a spese di investimento per lavori pubblici di cui all’articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici”, esigibili negli esercizi successivi, anche se non interamente impegnate (in parte impegnate e in parte prenotate), sulla base di un progetto approvato del quadro economico progettuale. La costituzione del fondo per l’intero quadro economico progettuale è consentita solo in presenza di impegni assunti sulla base di obbligazioni giuridicamente perfezionate, imputate secondo esigibilità, ancorché relativi solo ad alcune spese del quadro economico progettuale, escluse le spese di progettazione. In altre parole l’impegno delle sole spese di progettazione non consente la costituzione del fondo pluriennale vincolato per le spese contenute nel quadro economico progettuale;
b) le spese riferite a procedure di affidamento attivate ai sensi dell’articolo 53, comma 2, del citato decreto legislativo n. 163 del 2006, unitamente alle voci di spesa contenute nel quadro economico dell’opera (ancorché non impegnate). Fermo restando, coma anche l’articolo 183 del testo unico dispone, che in assenza di aggiudicazione definitiva, entro l’anno successivo, le risorse accertate cui il fondo pluriennale si riferisce confluiscono nell’avanzo di amministrazione vincolato per la riprogrammazione dell’intervento in c/capitale.
Lo stesso principio – che quindi consente, in queste eccezioni rispetto al principio della competenza finanziaria potenziata, il riaccertamento e la reimputazione – ha cura di specificare che per “procedure attivate” si intende la gara (pur informale) indetta ai sensi dell’art. 53, comma 2, del codice dei contratti.
Si intende pertanto – si legge ancora nel principio, nel caso di gara, “o la pubblicazione del bando di gara, mentre nel caso di procedura negoziata senza pubblicazione di bando, consentita negli specifici casi di cui all’art. 57 del d.lgs. 163/2006 (ad es. quando in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta, non è stata presentata nessuna offerta, o nessuna offerta appropriata o nessuna candidatura; ragioni tecniche ed artistiche impongono che il contratto sia affidato unicamente ad un operatore economico determinato; ragioni di estrema urgenza; lavori complementari), si fa riferimento al momento in cui, ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. 163/2006, gli operatori economici selezionati vengono invitati a presentare le offerte oggetto della negoziazione, con lettera contenente gli elementi essenziali della prestazione richiesta”.
Da notare che nell’esempio viene richiamato anche l’affidamento in economia ma è chiaro che nel caso di affidamento, in reltà, l’obbligazione giuridica si è perfezionata (!).

4. Considerazioni sullo scenario possibile
Sempre, evidentemente, astraendo dal caso specifico, la richiesta di reiterare il riaccertamento straordinario e la stessa operazione concreta può determinare scenari di grande delicatezza.
Si ipotizzi – per tacer d’altro – al caso in cui siano stati reimputati residui passivi privi di obbligazione giuridica.
Nel senso che, in realtà, – nonostante la certificazione del responsabile del servizio interessato – l’obbligazione giuridica non risultava affatto perfezionata (es. una procedura di acquisto bene/servizio in parte corrente solo avviata con la pubblicazione del bando).
È chiaro che in questo caso, il “residuo” doveva essere eliminato con conseguente alimentazione dell’avanzo.
Si ipotizzi, invece, che – a causa della reimputazione – nell’esercizio finanziario successivo l’obbligazione sia stata effettivamente perfezionata e finanche diventata esigibile (grazie all’esecuzione della prestazione correlata da parte del fornitore).
In questo caso si è dato seguito ad una procedura di spesa che formalmente avrebbe dovuto essere eseguita con la competenza e non con il residuo (che, come detto, avrebbe dovuto essere dichiarato come economia) con evidente alterazione anche della contabilizzazione del patto (l’impegno avrebbe inciso negativamente sul saldo mentre il “finanziamento” a residuo è risultato irrilevante).
Ben più gravi, evidentemente, sono aspetti che possono riguardare il conto capitale in relazione alla necessità di applicare l’avanzo che come noto, ai fini del patto di stabilità (per il 2015) e del nuovo principio del pareggio del bilancio (2016 e segg.) non viene configurato come entrata ed ha solamente una incidenza negativa (come movimento di cassa per il patto 2015, come impegno nel principio di equilibrio 2016 e segg.).
Non può sfuggire che un utilizzo del fondo pluriennale vincolato – laddove irrituale – costituisca, soprattutto per il 2016 vista la considerazione sul saldo di competenza, potrebbe risolversi in un atto elusivo della regola di contenimento della spesa pubblica. Atto elusivo che colpisce, come noto, non più o non solo il responsabile del servizio finanziario ma il responsabile amministrativo direttamente interessato.
In questo senso, il comma 727 dell’articolo 1 della legge di stabilità (legge 208/2015) puntualizza che “Qualora le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti accertino che il rispetto delle regole di cui ai commi da 707 a 734 è stato artificiosamente conseguito mediante una non corretta applicazione dei princìpi contabili di cui al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, o altre forme elusive, le stesse irrogano, agli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle predette regole, la condanna ad una sanzione pecuniaria fino a un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione dell’elusione e, al responsabile amministrativo individuato dalla sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti, una sanzione pecuniaria fino a tre mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali. Gli importi di cui al periodo precedente sono acquisiti al bilancio dell’ente”.

Fonte: Studio K - la Gazzetta degli Enti Locali.


News inserita il 04/04/2016 alle 15:12

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