Riportiamo quanto segue (Fonte Anticorruzione.it) :
Parte I - Questioni generali
1. Ricognizione della normativa vigente
L’introduzione nell’ordinamento nazionale di un’adeguata tutela del dipendente (pubblico e privato) che segnala condotte illecite dall’interno dell’ambiente di lavoro è prevista in convenzioni internazionali (ONU, OCSE, Consiglio d’Europa) ratificate dall’Italia, oltre che in raccomandazioni dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, talvolta in modo vincolante, altre volte sotto forma di invito ad adempiere.
La legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione) ha recepito tali sollecitazioni, sia pure limitatamente all’ambito della pubblica amministrazione, con la disposizione dell’art. 1, co. 51, che introduce l’art. 54-bis nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), prevedendo che: «fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia». La stessa norma disciplina, poi, nei successivi commi, il tendenziale divieto di rivelazione del nome del segnalante nei procedimenti disciplinari, il controllo che il Dipartimento della funzione pubblica deve esercitare su eventuali procedimenti disciplinari discriminatori, la sottrazione delle segnalazioni dal diritto di accesso di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme sul procedimento amministrativo).
La disposizione richiamata delinea esclusivamente una protezione generale e astratta: essa per più versi deve essere completata con concrete misure di tutela del dipendente, il quale - per effettuare la propria segnalazione - deve poter fare affidamento su una protezione effettiva ed efficace che gli eviti una esposizione a misure discriminatorie. Questa tutela è, poi, nell’interesse oggettivo dell’ordinamento, funzionale all’emersione dei fenomeni di corruzione e di mala gestio.
La tutela deve essere fornita da parte di tutti i soggetti che ricevono le segnalazioni: in primo luogo da parte dell’amministrazione di appartenenza del segnalante, in secondo luogo da parte delle altre autorità che, attraverso la segnalazione, possono attivare i propri poteri di accertamento e sanzione, ovvero l’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.AC.), l’Autorità giudiziaria e la Corte dei conti.
L’attuale Piano nazionale anticorruzione (PNA), al § 3.1.11, riconduce espressamente la tutela del dipendente che segnala condotte illecite tra le azioni e le misure generali finalizzate alla prevenzione della corruzione, in particolare fra quelle obbligatorie in quanto disciplinate direttamente dalla legge che, quindi, le amministrazioni pubbliche devono porre in essere ed attuare. Nello specifico, il Piano prevede che le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001 siano tenute ad adottare i necessari accorgimenti tecnici per dare attuazione alla tutela del dipendente che effettua le segnalazioni di cui all’art. 54-bis del predetto decreto. L’adozione delle iniziative necessarie deve essere prevista nell’ambito del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) come intervento da realizzare con tempestività.
La ricordata disciplina è stata integrata dal decreto legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito nella legge 11 agosto 2014, n. 114 che, da un lato, ha modificato, con l’art. 31, il testo dell’art. 54-bis introducendo l’A.N.AC. quale soggetto destinatario delle segnalazioni, dall’altro (con l’art. 19, co. 5) ha stabilito che l’A.N.AC. «riceve notizie e segnalazioni di illeciti, anche nelle forme di cui all’art. 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165». L’A.N.AC., pertanto, è chiamata a gestire, oltre alle segnalazioni provenienti dai propri dipendenti per fatti illeciti avvenuti all’interno della propria struttura, anche le segnalazioni che i dipendenti di altre amministrazioni possono indirizzarle ai sensi del richiamato articolo 54 bis. La novità legislativa impone, dunque, all’A.N.AC. di disciplinare le procedure attraverso le quali l’Autorità riceve e gestisce tali segnalazioni.
In questa prospettiva va dunque sottolineato che l’A.N.AC. intende adempiere al proprio compito nel pieno rispetto dell’ambito soggettivo e oggettivo individuato dalla normativa vigente appena menzionata.
A questo proposito, occorre sottolineare che l’art. 54-bis si riferisce esclusivamente ai dipendenti pubblici e presuppone l’identificazione del soggetto segnalante il cui nominativo deve essere, comunque, mantenuto riservato. Pertanto, le presenti Linee guida, volte a fornire orientamenti applicativi delle disposizioni in questione, non possono non tener conto di tale indicazione normativa; esse, quindi, non disciplinano le modalità di trattazione e gestione di altre tipologie di segnalazioni quali quelle provenienti da cittadini o imprese ovvero le segnalazioni anonime.
L’Autorità può ricevere anche queste ultime tipologie di segnalazioni su cui peraltro fonda una buona parte della propria attività di vigilanza; le modalità per la ricezione e la gestione di queste segnalazioni avranno, tuttavia, trattamenti diversi rispetto a quelli specificamente previsti dall’art. 54-bis per la tutela del dipendente pubblico.
Per quanto riguarda gli aspetti procedimentali, le Linee guida indicano le procedure che l’A.N.AC. intende seguire per la gestione delle segnalazioni delle quali è destinataria e che possono costituire un utile riferimento per le amministrazioni tenute ad applicare l’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001.
L’Autorità non può non sottolineare, tuttavia, l’incertezza del dettato normativo che caratterizza la materia. A questo proposito si auspica un intervento del legislatore volto a chiarire le questioni interpretative ancora aperte, alcune delle quali sono di seguito puntualmente segnalate.
2. Fondamento del potere di regolazione dell’A.N.AC. in materia
L’Autorità ritiene che ad essa spetti un generale potere di regolazione relativo alla tutela del dipendente pubblico che segnala condotte illecite, a partire dalla protezione che deve essere fornita dall’amministrazione di appartenenza del dipendente stesso.
Tale potere si inquadra in quello di indirizzo sulle misure di prevenzione della corruzione nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni e degli enti privati controllati, partecipati, regolati o finanziati dallo Stato, ai sensi dell’art. 19, co. 15, del d.l. 90/2014. La norma ha trasferito all’A.N.AC. le funzioni di cui all’art. 1, co. 4, lett. da a) a c), della legge 190/2012, prima in capo al Dipartimento della funzione pubblica, tra cui quella di predisporre il PNA.
Tenuto inoltre conto dello svolgimento da parte dell’A.N.AC. delle funzioni di indirizzo e vigilanza sull’adozione da parte delle amministrazioni di effettive misure di tutela del dipendente pubblico segnalante, l’Autorità ritiene opportuno che il Dipartimento della funzione pubblica, allorché riceva segnalazioni di azioni discriminatorie verso un dipendente che abbia rilevato un illecito, ne informi periodicamente l’Autorità.
Quanto sin qui espresso determina, conclusivamente, la necessità che l’A.N.AC. adotti un atto di regolazione di portata generale: ciò avviene con l’approvazione delle presenti Linee guida, le quali, da un lato, si prefiggono di fornire indicazioni in ordine alle misure che le pubbliche amministrazioni devono approntare per tutelare la riservatezza dell’identità dei dipendenti che segnalano condotte illecite e, dall’altro, danno conto delle procedure sviluppate da A.N.AC. per la tutela della riservatezza dell’identità sia dei dipendenti delle altre amministrazioni che trasmettano all’Autorità una segnalazione, sia dei propri dipendenti che segnalano condotte illecite.
L’obiettivo del presente atto consiste, dunque, nel dettare una disciplina volta a incoraggiare i dipendenti pubblici a denunciare gli illeciti di cui vengano a conoscenza nell’ambito del rapporto di lavoro e, al contempo, a garantirne un’efficace tutela.
Le presenti Linee guida propongono un modello procedurale per la gestione delle segnalazioni che tiene conto dell’esigenza di tutelare la riservatezza del dipendente che le invia. Ogni amministrazione, alla luce dei predetti principi, potrà adattare il modello proposto sulla base delle proprie esigenze organizzative.
Prima dell’adozione definitiva l’Autorità ha ritenuto opportuno sottoporre le presenti Linee guida a una consultazione pubblica al fine di acquisire, da parte dei soggetti interessati, elementi e osservazioni utili.
Per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi e, in particolare, i sistemi e le misure a tutela del dipendente che segnala condotte illecite adottati dalle pubbliche amministrazioni, decorsi dodici mesi dall’adozione delle presenti Linee guida, sarà effettuata una procedura di verifica d’impatto della regolazione.
Parte II – Ambito di applicazione
1. Ambito soggettivo. Le amministrazioni pubbliche e i “dipendenti pubblici”
L’art. 54-bis sulla tutela del dipendente che segnala condotte illecite è stato introdotto dalla legge 190/2012 come novella al d.lgs. 165/2001; ai sensi dell’art. 1, co. 59, della legge 190/2012: «Le disposizioni di prevenzione della corruzione di cui ai commi da 1 a 57 del presente articolo, di diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all’articolo 97 della Costituzione, sono applicate in tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni».
Queste due norme guidano l’interprete nell’individuazione dell’ambito soggettivo di applicazione della norma, inteso con riferimento sia alle strutture organizzative all’interno delle quali devono essere previste misure di tutela, sia ai soggetti direttamente tutelati.
A. Per quanto riguarda le strutture organizzative, si deve trattare delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001, e successive modificazioni. Nella nozione di pubbliche amministrazioni devono essere fatti rientrare, quindi, sicuramente gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati o finanziati da pubbliche amministrazioni, cioè tutti gli enti pubblici non economici.
B. Per quel che riguarda i soggetti direttamente tutelati, l’art. 54-bis si riferisce specificamente a dipendenti pubblici che, in ragione del proprio rapporto di lavoro, siano venuti a conoscenza di condotte illecite.
Circa l’identificazione dei soggetti riconducibili alla categoria dei dipendenti pubblici indicati nella norma, in considerazione del rilievo che queste segnalazioni possono avere per finalità di prevenzione della corruzione, l’Autorità ritiene che vi rientrino i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001. Nella nozione di pubblico dipendente sono quindi compresi tanto i dipendenti con rapporto di lavoro di diritto privato (art. 2, co. 2) quanto, compatibilmente con la peculiarità dei rispettivi ordinamenti, i dipendenti con rapporto di lavoro di diritto pubblico (art. 3 del medesimo decreto).
2. Distinzione tra segnalazione anonima e riservatezza dell’identità del segnalante
Per quanto riguarda la definizione della nozione di «dipendente pubblico che segnala illeciti», occorre rifarsi alla ratio della norma, che è quella di evitare che il dipendente, venuto a conoscenza di condotte illecite in ragione del rapporto di lavoro, ometta di segnalarle per il timore di subire conseguenze pregiudizievoli.
Per questa ragione, l’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001 impone all’amministrazione che tratta la segnalazione di assicurare la riservatezza dell’identità di chi si espone in prima persona.
A tal fine il procedimento di gestione della segnalazione deve garantire la riservatezza dell’identità del segnalante sin dalla ricezione della segnalazione e in ogni fase successiva.
Naturalmente la garanzia di riservatezza presuppone che il segnalante renda nota la propria identità. Non rientra, dunque, nella fattispecie prevista dalla norma come «dipendente pubblico che segnala illeciti», quella del soggetto che, nell’inoltrare una segnalazione, non si renda conoscibile. In sostanza, la ratio della norma è di assicurare la tutela del dipendente, mantenendo riservata la sua identità, solo nel caso di segnalazioni provenienti da dipendenti pubblici individuabili e riconoscibili.
Resta comunque fermo, come anche previsto nell’attuale PNA, in particolare nel § B.12.1, che l’Autorità prende in considerazione anche le segnalazioni anonime, ove queste siano adeguatamente circostanziate e rese con dovizia di particolari, ove cioè siano in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati. L’invio di segnalazioni anonime e il loro trattamento avviene, comunque, attraverso canali distinti e differenti da quelli approntati per le segnalazioni oggetto delle presenti Linee guida. In altre parole, le segnalazione anonime, che pure in casi particolari possono essere oggetto di considerazione da parte dell’A.N.AC., non rientrano, per espressa volontà del legislatore, direttamente nel campo di applicazione dell’art. 54 bis del d.lgs. 165/2001. Si ribadisce che la tutela prevista da detto articolo non può che riguardare il dipendente pubblico che si identifica (diversamente, la tutela non può essere assicurata) e, comunque, secondo il tenore letterale della norma, la protezione accordata riguarda ritorsioni che possono avere luogo nell’ambito del rapporto di lavoro e non anche quelle di altro tipo.
Resta ferma anche la distinta disciplina relativa ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio che, in presenza di specifici presupposti, sono gravati da un vero e proprio dovere di riferire senza ritardo anche, ma non solo, fatti di corruzione, in virtù di quanto previsto dal combinato disposto dell’art. 331 del codice di procedura penale e degli artt. 361 e 362 del codice penale.
L’obbligo di denuncia in base alle suddette previsioni del codice penale e di procedura penale e la possibilità di segnalare disfunzioni e illeciti come dipendente pubblico ai sensi dell’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001 hanno un diverso rilievo. La disciplina penalistica si fonda su un vero e proprio obbligo di denuncia all’Autorità giudiziaria, anche ma non solo, riferita ai reati in materia di corruzione, limitatamente a determinate categorie di soggetti e in presenza di specifici presupposti.
La norma contenuta nell’art. 54-bis, oltre ad avere un ambito soggettivo e oggettivo più ampio, è rivolta in particolare a definire il regime di tutela dei segnalanti, dipendenti pubblici, da parte dei soggetti a cui la segnalazione può o deve essere inoltrata.
La segnalazione al superiore gerarchico, al Responsabile della prevenzione della corruzione o all’A.N.AC., non sostituisce, laddove ne ricorrano i presupposti, quella all’Autorità Giudiziaria e consente all’amministrazione o all’A.N.AC. di svolgere le opportune valutazioni sul funzionamento delle misure di prevenzione della corruzione adottate ai sensi della legge 190/2012 e di acquisire elementi per rafforzarne l’efficacia.
3. Oggetto della segnalazione
L’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001 prevede espressamente che il dipendente pubblico possa segnalare le «condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro».
A. Ad avviso dell’Autorità, le condotte illecite oggetto delle segnalazioni meritevoli di tutela comprendono non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione di cui al Titolo II, Capo I, del codice penale (ossia le ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari, disciplinate rispettivamente agli artt. 318, 319 e 319-ter del predetto codice), ma anche le situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati, nonché i fatti in cui – a prescindere dalla rilevanza penale – venga in evidenza un mal funzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite, ivi compreso l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo. Si pensi, a titolo meramente esemplificativo, ai casi di sprechi, nepotismo, demansionamenti, ripetuto mancato rispetto dei tempi procedimentali, assunzioni non trasparenti, irregolarità contabili, false dichiarazioni, violazione delle norme ambientali e di sicurezza sul lavoro.
Ciò appare in linea, peraltro, con il concetto di corruzione preso a riferimento nella circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 1/2013 e soprattutto nell’attuale PNA (§ 2.1), volto a ricomprendere le varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati.
B. Le condotte illecite segnalate, comunque, devono riguardare situazioni di cui il soggetto sia venuto direttamente a conoscenza «in ragione del rapporto di lavoro» e, quindi, ricomprendono certamente quanto si è appreso in virtù dell’ufficio rivestito ma anche quelle notizie che siano state acquisite in occasione e/o a causa dello svolgimento delle mansioni lavorative, seppure in modo casuale. In caso di trasferimento, comando, distacco (o situazioni analoghe) del dipendente presso un’altra amministrazione, questi può riferire anche di fatti accaduti in un’amministrazione diversa da quella in cui presta servizio al momento della segnalazione. In tale ipotesi, l’amministrazione che riceve la segnalazione la inoltra comunque all’amministrazione cui i fatti si riferiscono, secondo criteri e modalità da quest’ultima stabilite, o all’A.N.AC..
Non sono invece meritevoli di tutela le segnalazioni fondate su meri sospetti o voci: ciò in quanto è necessario sia tenere conto dell’interesse dei terzi oggetto delle informazioni riportate nella segnalazione, sia evitare che l’amministrazione o l’ente svolga attività ispettive interne che rischiano di essere poco utili e comunque dispendiose.
In ogni caso, considerato lo spirito della norma - che è quello di incentivare la collaborazione di chi lavora all’interno delle pubbliche amministrazioni per l’emersione dei fenomeni corruttivi - ad avviso dell’Autorità non è necessario che il dipendente sia certo dell’effettivo avvenimento dei fatti denunciati e dell’autore degli stessi, essendo invece sufficiente che il dipendente, in base alle proprie conoscenze, ritenga altamente probabile che si sia verificato un fatto illecito nel senso sopra indicato.
In questa prospettiva è opportuno che le segnalazioni siano il più possibile circostanziate e offrano il maggior numero di elementi al fine di consentire all’amministrazione di effettuare le dovute verifiche.
4. Condizioni per la tutela
Il dipendente che segnala condotte illecite è tenuto esente da conseguenze pregiudizievoli in ambito disciplinare e tutelato in caso di adozione di «misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia». La norma, in sostanza, è volta a proteggere il dipendente che, per via della propria segnalazione, rischi di vedere compromesse le proprie condizioni di lavoro.
Come previsto dall’art. 54-bis, co. 1, del d.lgs. 165/2001 la predetta tutela, tuttavia, trova un limite nei «casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione o per lo stesso titolo ai sensi dell’art. 2043 del codice civile».
Anche in coerenza con le indicazioni che provengono dagli organismi internazionali, la tutela prevista dal predetto art. 54-bis trova dunque applicazione quando il comportamento del pubblico dipendente che segnala non integri un’ipotesi di reato di calunnia o diffamazione ovvero sia in buona fede, da intendersi come mancanza da parte sua della volontà di esporre quello che, nelle norme internazionali, viene definito un “malicius report”.
La tutela non trova, quindi, applicazione nei casi in cui la segnalazione riporti informazioni false rese con dolo o colpa.
La norma è, tuttavia, lacunosa in merito all’individuazione del momento in cui cessa la garanzia della tutela che deve essere accordata. Vi è, infatti, un generico riferimento alle responsabilità penali per calunnia o diffamazione o a quella civile extracontrattuale, il che presuppone che tali responsabilità vengano accertate in sede giudiziale. La cessazione della tutela dovrebbe discendere, dunque, dall’accertamento delle responsabilità in sede penale (per calunnia o diffamazione) o civile (per responsabilità ex art. 2043 del codice civile) e, quindi, sembrerebbe necessaria una pronuncia giudiziale.
Consapevole della lacuna normativa, tenuto conto della delicatezza della questione e della necessità di fornire indicazioni interpretative per consentire l’applicazione della norma, l’Autorità ritiene che solo in presenza di una sentenza di primo grado sfavorevole al segnalante cessino le condizioni di tutela dello stesso.
Ai sensi dell’art. 54-bis, co. 2, l’amministrazione è tenuta, inoltre, a garantire nell’ambito dell’eventuale procedimento disciplinare avviato nei confronti del segnalato, la riservatezza dell’identità del segnalante. La norma fornisce già un’indicazione specifica disponendo che, se l’addebito contestato si fonda su altri elementi e riscontri oggettivi in possesso dell’amministrazione o che la stessa abbia autonomamente acquisito a prescindere dalla segnalazione, l’identità del segnalante non possa essere rivelata senza il suo consenso.
Invece, quando la contestazione che ha dato origine al procedimento disciplinare si basa unicamente sulla denuncia del dipendente pubblico, colui che è sottoposto al procedimento disciplinare può accedere al nominativo del segnalante, anche in assenza del consenso di quest’ultimo, solo se ciò sia “assolutamente indispensabile” per la propria difesa.
L’Autorità è consapevole che l’individuazione dei presupposti che fanno venir meno la riservatezza dell’identità del segnalante è cruciale in quanto, da una parte, la garanzia di riservatezza è una delle condizioni che incoraggiano il dipendente pubblico ad esporsi segnalando fenomeni di illiceità; dall’altra, consente alle amministrazioni di dare corretta applicazione all’istituto.
La norma non fornisce indicazioni in merito. Vista la rilevanza della problematica, sulla quale sarebbe necessario un intervento chiarificatore del legislatore, l’Autorità ritiene che spetti al responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari valutare, su richiesta dell’interessato, se ricorra la condizione di assoluta indispensabilità della conoscenza del nominativo del segnalante ai fini della difesa. In ogni caso, sia in ipotesi di accoglimento dell’istanza, sia nel caso di diniego, il responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari deve adeguatamente motivare la scelta come peraltro previsto dalla legge 241/1990.
È opportuno, comunque, che il responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari venga a conoscenza del nominativo del segnalante solamente quando il soggetto interessato chieda sia resa nota l’identità dello stesso per la sua difesa. Gravano sul responsabile dell’ufficio procedimenti disciplinari gli stessi doveri di comportamento, volti alla tutela della riservatezza del segnalante, cui sono tenuti il Responsabile della prevenzione della corruzione e gli eventuali componenti del gruppo di supporto.
Ai sensi dell’art. 54-bis, co. 4, la segnalazione è comunque sottratta all’accesso previsto dagli artt. 22 e seguenti della legge 241/1990.
Parte III - Procedura relativa alla tutela della riservatezza dell’identità del dipendente nelle p.a.
1. Il ruolo del Responsabile della prevenzione della corruzione
Il procedimento per la gestione delle segnalazioni ha come scopo precipuo quello di proteggere la riservatezza dell’identità del segnalante in ogni fase (dalla ricezione alla gestione successiva), anche nei rapporti con i terzi cui l’amministrazione o l’A.N.AC. dovesse rivolgersi per le verifiche o per iniziative conseguenti alla segnalazione.
Al fine di garantire la tutela della riservatezza dell’identità del segnalante, l’A.N.AC. ritiene che il flusso di gestione delle segnalazioni debba avviarsi con l’invio della segnalazione al Responsabile della prevenzione della corruzione dell’amministrazione.
La norma, invero, indica che, qualora il segnalante non effettui una denuncia all’autorità giudiziaria, alla Corte del conti o all’A.N.AC., «riferisca al proprio superiore gerarchico». Ad avviso dell’Autorità, nell’interpretare il disposto normativo si deve tener conto anzitutto del fatto che, a livello amministrativo, il sistema di prevenzione della corruzione disciplinato nella legge 190/2012 fa perno sul Responsabile della prevenzione della corruzione a cui è affidato il delicato e importante compito di proporre strumenti e misure per contrastare fenomeni corruttivi. Egli è, dunque, da considerare anche il soggetto funzionalmente competente a conoscere di eventuali fatti illeciti al fine di predisporre, di conseguenza, le misure volte a rafforzare il Piano di prevenzione della corruzione, pena, peraltro, l’attivazione di specifiche forme di responsabilità nei suoi confronti.
Occorre, in secondo luogo, tener conto che in amministrazioni con organizzazioni complesse gli uffici e i relativi livelli gerarchici sono molteplici con le conseguenti criticità organizzative nella realizzazione di un efficace sistema di tutela dell’identità dei segnalanti.
Avuto riguardo alla ratio della norma, al ruolo e alle responsabilità del Responsabile della prevenzione della corruzione e alla necessità di non gravare le amministrazioni con eccessivi vincoli organizzativi, in attesa di un intervento legislativo in tal senso, l’Autorità ritiene altamente auspicabile che le amministrazioni e gli enti prevedano che le segnalazioni vengano inviate direttamente al Responsabile della prevenzione della corruzione.
Qualora le segnalazioni riguardino il Responsabile della prevenzione della corruzione gli interessati possono inviare le stesse direttamente all’A.N.AC..
Al fine di rafforzare le misure a tutela della riservatezza dell’identità del segnalante, è opportuno che le amministrazioni introducano nei Codici di comportamento, adottati ai sensi dell’art. 54, co. 5, del citato d.lgs. 165/2001, forme di responsabilità specifica sia in capo al Responsabile della prevenzione della corruzione sia nei confronti dei soggetti che gestiscono le segnalazioni e che fanno parte, per esigenze di tutela del segnalante, di un gruppo ristretto a ciò dedicato. Si rammenta, comunque, che ai sensi dell’ art. 1, co. 14, della legge 190/2012 la violazione da parte di dipendenti dell’amministrazione delle misure di prevenzione della corruzione previste nel Piano di prevenzione della corruzione, ivi compresa la tutela del dipendente che segnala condotte illecite ai sensi dell’art. 54-bis, è sanzionabile sotto il profilo disciplinare.
2. Procedura: i principi di carattere generale
Al fine di evitare che il dipendente ometta di segnalare condotte illecite per il timore di subire misure discriminatorie, è opportuno che, ai fini di un’efficace gestione delle segnalazioni, le amministrazioni si dotino di un sistema che si componga di una parte organizzativa e di una parte tecnologica, tra loro interconnesse.
La parte organizzativa riguarda principalmente le politiche di tutela della riservatezza del segnalante: esse fanno riferimento sia al quadro normativo nazionale sia alle scelte politiche e gestionali del singolo ente pubblico.
La parte tecnologica concerne il sistema applicativo per la gestione delle segnalazioni: esso comprende la definizione del flusso informativo del processo con attori, ruoli, responsabilità e strumenti necessari al suo funzionamento (l’architettura del sistema hardware e software).
Per tutelare il dipendente che segnala gli illeciti e garantire quindi l’efficacia del processo di segnalazione il sistema di gestione delle segnalazioni deve essere capace di:
L’amministrazione dovrà prevedere le opportune cautele al fine di:
Ai fini della tutela della riservatezza dell’identità del segnalante, la gestione delle segnalazioni realizzata attraverso l’ausilio di procedure informatiche è largamente preferibile a modalità di acquisizione e gestione delle segnalazioni che comportino la presenza fisica del segnalante; è in ogni caso necessario che il sistema informatico di supporto sia realizzato in maniera tale da garantire adeguate misure di sicurezza delle informazioni.
A tal riguardo, oltre alla corretta identificazione del segnalante, è necessario attuare modalità di audit degli accessi al sistema, la cui consultazione deve essere riservata esclusivamente ai soggetti che ne hanno diritto.
Il sistema, oltre a tenere traccia delle operazioni eseguite, dovrà offrire idonee garanzie a tutela della riservatezza, integrità e disponibilità dei dati e delle informazioni che attraverso questo verranno acquisiti, elaborati e comunicati secondo la procedura di gestione delle segnalazioni opportunamente stabilita dall’amministrazione. Si raccomanda, in particolare, l’adozione di protocolli sicuri e standard per il trasporto dei dati (ad esempio SSL) nonché l’utilizzo di strumenti di crittografia end-to-end per i contenuti delle segnalazioni e dell’eventuale documentazione allegata. È opportuno, a tal fine, che l’amministrazione proceda a un’analisi dei rischi nella gestione delle informazioni che consenta di identificare e adottare idonee misure di sicurezza di carattere sia tecnico sia organizzativo. Si raccomanda, inoltre, l’adozione di un idoneo modello organizzativo che definisca le responsabilità in tutte le fasi del processo di gestione delle segnalazioni, con particolare riguardo agli aspetti di sicurezza e di trattamento delle informazioni.
Tali misure trovano specifica applicazione in relazione alle caratteristiche del sistema informatico realizzato e, tipicamente, si inseriscono nell’ambito dei presidi di sicurezza delle informazioni di carattere tecnico ed organizzativo predisposti dall’amministrazione nella gestione dei sistemi informativi.
Sempre al fine di garantire la sicurezza e la riservatezza delle informazioni raccolte, occorre altresì effettuare idonee scelte relativamente a:
La necessità di gestire al meglio la base dati delle segnalazioni è fondamentale anche nell’ottica di un’analisi sistematica che vada oltre le informazioni inerenti il singolo procedimento. I dati rilevati attraverso le segnalazioni e le istruttorie, infatti, possono fornire importanti informazioni di tipo generale (ad esempio sulle tipologie di violazioni) dalle quali desumere elementi per l’identificazione delle aree critiche dell’amministrazione sulle quali intervenire in termini di miglioramento della qualità e dell’efficacia del sistema di prevenzione della corruzione. Tali informazioni dovrebbero essere utilizzate, tra l’altro, per aggiornare o integrare la mappa dei rischi del Piano di prevenzione della corruzione, il Codice di comportamento e/o il Codice etico, nonché per prevedere nuovi o diversi strumenti di risposta.
Si ricorda, infine, che i dati e i documenti oggetto della segnalazione, che potrebbero anche essere o contenere dati sensibili, devono essere trattati nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali.
3. Ruoli e fasi della procedura
Nell’ambito del Piano di prevenzione della corruzione, adottato dall’organo di indirizzo, le amministrazioni disciplinano la procedura di gestione delle segnalazioni definendone ruoli e fasi. In tale procedura il ruolo del Responsabile della prevenzione della corruzione è centrale visto che, come già sottolineato, è il destinatario delle stesse nonché il soggetto competente a svolgere una prima istruttoria circa i fatti segnalati.
Laddove le dimensioni organizzative lo consentano, l’amministrazione potrà individuare un altro soggetto deputato a ricevere e gestire le segnalazioni insieme al Responsabile della prevenzione della corruzione; detto soggetto è opportuno che non sia identificato tra i responsabili degli uffici operanti nelle aree di rischio individuate dall’art. 1, co. 16, della legge 190/2012.
In ogni caso, il Responsabile, anche in relazione all’organizzazione interna dell’amministrazione, potrà avvalersi di un gruppo di lavoro dedicato, i cui componenti, con competenze multidisciplinari, dovranno essere chiaramente identificati eventualmente in un apposito atto organizzativo. Per il funzionamento del gruppo devono essere previsti casi di astensione di alcuni componenti nell’eventualità di ipotetici conflitti di interesse.
I componenti del gruppo sono soggetti agli stessi vincoli di riservatezza e alle stesse responsabilità cui è sottoposto il Responsabile della prevenzione della corruzione. Di tale gruppo di lavoro non possono far parte i componenti dell’ufficio procedimenti disciplinari in quanto l’assenza nella norma di riferimenti al predetto ufficio va interpretata come volta a valorizzare il ruolo di terzietà dello stesso nell’ambito dell’eventuale successiva attività di valutazione dei fatti segnalati.
Nel caso si ravvisino elementi di non manifesta infondatezza del fatto, il Responsabile inoltra la segnalazione ai soggetti terzi competenti - anche per l’adozione dei provvedimenti conseguenti - quali:
La tutela della riservatezza del segnalante va garantita anche nel momento in cui la segnalazione viene inoltrata a soggetti terzi.
Nel caso di trasmissione a soggetti interni all’amministrazione, dovrà essere inoltrato solo il contenuto della segnalazione, espungendo tutti i riferimenti dai quali sia possibile risalire all’identità del segnalante. I soggetti interni all’amministrazione informano il Responsabile della prevenzione della corruzione dell’adozione di eventuali provvedimenti di propria competenza.
Nel caso di trasmissione all’Autorità giudiziaria, alla Corte dei conti o al Dipartimento della funzione pubblica, la trasmissione dovrà avvenire avendo cura di evidenziare che si tratta di una segnalazione pervenuta da un soggetto cui l’ordinamento riconosce una tutela rafforzata della riservatezza ai sensi dell’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001.
L’articolazione della procedura nelle diverse fasi è schematizzata, a puro titolo esemplificativo, nell’allegato 1a.
4. La gestione da parte dell’A.N.AC. di segnalazioni di condotte illecite
4.1. L’ipotesi di segnalazioni provenienti da dipendenti dell’A.N.AC. relative a condotte illecite all’interno dell’Autorità
L’A.N.AC. ha intenzione di dotarsi di un modello gestionale informatizzato, che si svilupperà secondo le fasi indicate di seguito:
Al termine delle attività di realizzazione del sistema automatizzato per la gestione delle segnalazioni di condotte illecite, l’Autorità metterà a disposizione in riuso gratuito il software e la relativa documentazione per tutte le amministrazioni che ne faranno richiesta.
4.2. La gestione delle segnalazioni di condotte illecite provenienti dai dipendenti di altre pubbliche amministrazioni
Anche per le segnalazioni provenienti dai dipendenti di altre pubbliche amministrazioni l’Autorità si avvarrà di un sistema automatizzato di gestione delle stesse idoneo a garantire la tutela della riservatezza del segnalante. Lo schema della procedura che sarà adottata dall’A.N.A.C. per la gestione automatizzata delle segnalazioni di condotte illecite provenienti dalle altre Amministrazioni è descritta nell’Allegato 1b.
La gestione delle segnalazioni sarà curata dal dirigente dell’Ufficio Vigilanza anticorruzione, coadiuvato da un gruppo di lavoro stabile designato con atto del Segretario generale. La gestione delle segnalazioni rientra, infatti, nell’ambito delle attività istituzionali che A.N.AC. svolge ai fini di vigilanza e controllo sull’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e come tale, pur con i necessari accorgimenti atti a preservare la riservatezza del segnalante, viene svolta dall’ufficio ordinariamente preposto alla vigilanza in materia di anticorruzione.
Nel corso dell’istruttoria, l’Ufficio potrà richiedere informazioni in primo luogo al Responsabile della prevenzione della corruzione dell’amministrazione in cui è avvenuto il fatto segnalato o, in relazione a singole specifiche situazioni, ad altro soggetto in posizione di terzietà.
Il dirigente dell’Ufficio Vigilanza sottopone al Consiglio la propria valutazione circa la non evidente infondatezza della segnalazione.
Analizzata tale valutazione, il Consiglio delibera in merito all’eventuale trasmissione della segnalazione all’Autorità giudiziaria e alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti conseguenti. Occorre rilevare che la normativa vigente presenta una grave carenza: essa non contiene disposizioni specifiche sulle modalità di tutela della riservatezza dell’identità del segnalante nella fase di inoltro della segnalazione dall’A.N.AC. all’Autorità giudiziaria e/o alla Corte dei conti. La trasmissione della segnalazione avverrà quindi indicando anche il nominativo del segnalante, ma comunque avendo cura di evidenziare che si tratta di una segnalazione pervenuta da un soggetto cui l’ordinamento riconosce una tutela rafforzata della riservatezza ai sensi dell’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001.
A questo fine l’Autorità ha intenzione di promuovere la stipula di protocolli d’intesa con le magistrature coinvolte e con il Ministero della Giustizia, per definire le modalità di trasmissione più idonee a tutelare la riservatezza dell’identità dei segnalanti e dei contenuti delle segnalazioni.
4.2.1. Regime transitorio per la gestione delle segnalazioni provenienti dai dipendenti di altre pubbliche amministrazioni
Atteso che l’attuazione del sistema informatico per la gestione delle segnalazioni di condotte illecite sarà completato nel medio termine a motivo della sua complessità tecnica, di seguito sono individuati gli aspetti procedurali relativi al regime transitorio.
La segnalazioni devono essere inviate compilando l’apposito modulo pubblicato sul sito dell’Autorità e disponibile nell’allegato 2 alla presente delibera avendo cura, nella parte relativa alla rappresentazione del fatto, di espungere qualunque informazione che consenta di risalire all’identità del segnalante. Sarà possibile, comunque, allegare i documenti ritenuti di interesse anche ai fini delle opportune verifiche dell’Autorità in merito alle vicende segnalate.
L’Autorità avvia, senza ritardo, le istruttorie relative alle segnalazioni ricevute, provvedendo alla definizione delle stesse entro il termine di 120 giorni dalla loro ricezione.
Dati e documenti saranno indirizzati ad una casella di posta elettronica dedicata accessibile al solo Presidente e saranno oggetto di apposita protocollazione in un registro speciale riservato.
Il Presidente assegna le segnalazioni pervenute da dipendenti di altre amministrazioni ad un gruppo di lavoro multidisciplinare, coordinato dal dirigente dell’Ufficio Vigilanza anticorruzione. I componenti del gruppo di lavoro sono chiaramente identificati in un apposito atto organizzativo e sono soggetti agli stessi vincoli di riservatezza e alle stesse responsabilità come identificate nel Codice di comportamento che l’A.N.AC. intende aggiornare secondo quanto indicato nella Parte III, § 1, delle presenti Linee guida.
Nel corso dell’istruttoria l’Autorità, avendo cura di adottare gli accorgimenti necessari per evitare che la riservatezza dell’identità del segnalante possa essere compromessa, può richiedere a quest’ultimo di fornire elementi ulteriori ai fini degli opportuni accertamenti.
L’istruttoria viene portata dal dirigente dell’Ufficio Vigilanza anticorruzione all’attenzione del Consiglio che può deliberare di chiedere informazioni e chiarimenti al Responsabile della prevenzione della corruzione dell’amministrazione interessata. In questo caso non sarà trasmessa al suddetto Responsabile la segnalazione come pervenuta all’Autorità ma potranno esserne riportati i contenuti, eventualmente previa riformulazione, in modo da espungere qualunque riferimento all’identità del segnalante.
L’Autorità può anche decidere di trasmettere la segnalazione all’Autorità giudiziaria e alla Corte dei conti. Come visto sopra, in questi casi l’inoltro della segnalazione avverrà indicando anche il nominativo del segnalante ma, comunque, avendo cura di evidenziare che si tratta di una segnalazione pervenuta da un soggetto cui l’ordinamento riconosce una tutela rafforzata della riservatezza ai sensi dell’art. 54-bis del d.lgs. 165/2001.
I dati e i documenti oggetto della segnalazione, che potrebbero anche essere sensibili, vengono trattati nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali.
Parte IV – Tutela del dipendente che segnala condotte illecite negli enti di diritto privato in controllo pubblico e negli enti pubblici economici
Allo stato la legislazione vigente prevede che sia approntata una specifica tutela per la segnalazione di fatti illeciti da parte dei «dipendenti pubblici» delle amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001.
Le presenti Linee guida, dunque, sono rivolte alle amministrazioni pubbliche ricomprese nell’ambito di applicazione del richiamato decreto (v. supra Parte II, § 1).
L’Autorità ritiene, tuttavia, che l’applicazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione di cui alla legge 190/2012 sia da estendere anche gli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale e locale, nonché agli enti pubblici economici.
Ciò anche in virtù di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 1, co. 60, della predetta legge, contenuta nel documento “Applicazione degli obblighi di prevenzione della corruzione previsti dalla legge 190/2012 alle società controllate e partecipate dalle pubbliche amministrazioni” adottato congiuntamente dall’Autorità e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
In mancanza di una specifica previsione normativa relativa alla tutela dei dipendenti che segnalano condotte illecite negli enti di diritto privato in controllo pubblico e negli enti pubblici economici, l’Autorità ritiene opportuno che le amministrazioni controllanti e vigilanti promuovano da parte dei suddetti enti, eventualmente nell’ambito del Piano di prevenzione della corruzione, l’adozione di misure di tutela analoghe a quelle previste nelle presenti Linee guida (si vedano, a tal proposito, le Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici – § 2.1).
Per quanto attiene, invece, alle società e agli enti di diritto privato partecipati da pubbliche amministrazioni, sulla base dell’orientamento recentemente espresso dall’Autorità nelle citate Linee guida, l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione comporta per esse oneri minori rispetto a quelli imposti alle società in controllo pubblico. Esse sono sottoposte alla disciplina sulla trasparenza limitatamente all’attività di pubblico interesse eventualmente svolta. Considerata tuttavia la partecipazione delle amministrazioni pubbliche e tenuto conto che le società e gli enti predetti gestiscono risorse pubbliche, sarebbe opportuno che le amministrazioni partecipanti promuovano l’adozione di misure volte ad incoraggiare i dipendenti degli stessi enti a segnalare eventuali condotte illecite approntando forme di tutela della loro riservatezza.
L’Autorità auspica comunque che il legislatore intervenga per colmare il vuoto normativo sopra evidenziato.
PARTE V – Tutela dei consulenti e collaboratori a qualsiasi titolo nonché dei collaboratori di imprese fornitrici dell’amministrazione
La legislazione vigente prevede che sia assicurata una specifica tutela per la segnalazione di fatti illeciti da parte dei «dipendenti pubblici» delle amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del d.lgs. 165/2001.
Occorre tuttavia considerare che nelle amministrazioni pubbliche operano anche soggetti che non possono essere ricompresi fra i dipendenti pubblici ma che pure svolgono la propria attività professionale all’interno dei pubblici uffici.
Ci si riferisce, in particolare, ai collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, ai collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione. Con riguardo a queste tipologie di soggetti, il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, prevede che le amministrazioni debbano estendere, per quanto compatibili, gli obblighi di condotta che lo stesso Codice stabilisce per i pubblici dipendenti. A tale fine, l’art. 2, co. 3, del predetto d.P.R. n. 62/2013, dispone che le amministrazioni inseriscano negli atti di incarico o nei contratti di acquisizione delle collaborazioni, delle consulenze o dei servizi, apposite clausole di risoluzione o decadenza del rapporto nel caso di violazione degli obblighi derivanti dal Codice.
L’Autorità non può non rilevare come, in considerazione del ruolo che questi soggetti rivestono all’interno delle amministrazioni, sia opportuno offrire loro una qualche forma di tutela della riservatezza qualora questi intendano esporsi in prima persona per segnalare fatti illeciti in occasione e/o a causa dello svolgimento delle mansioni lavorative. L’Autorità auspica quindi un intervento del legislatore volto ad estendere misure di tutela analoghe a quelle previste dall’art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001 anche alle menzionate categorie di soggetti, in costanza di rapporto di lavoro o collaborazione.
A legislazione vigente, pertanto, l’Autorità può solo rilevare l’opportunità che le amministrazioni nei propri Piani di prevenzione della corruzione introducano per le categorie di soggetti sopra considerati misure di tutela della riservatezza analoghe a quelle previste per i dipendenti pubblici.
Si ricorda, comunque, che l’estensione a dette categorie di soggetti delle tutele previste dall’art. 54-bis non implica l’estensione agli stessi anche delle forme di tutela contro le discriminazioni che il Dipartimento della funzione pubblica assicura ai pubblici dipendenti.
Roma, 28 aprile 2015
Raffaele Cantone
ALLEGATO 1a – Schema della procedura proposta per la gestione delle segnalazioni di condotte illecite all’interno dell’Amministrazione – pdf 55 kb
ALLEGATO 1b – Schema della procedura che sarà adottata dall’ANAC per la gestione automatizzata delle segnalazioni di condotte illecite provenienti dalle altre Amministrazioni
– pdf 55 kb
MODULO PER LA SEGNALAZIONE di condotte illecite da parte del dipendente pubblico ai sensi dell'art. 54-bis del d.lgs. 165/2001 – pdf 1,2 Mb
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News inserita il 07/05/2015 alle 11:50