Nuove regole in materia di split payment: arrivano gli ulteriori chiarimenti delle Entrate. La circolare n. 9/E del 7 maggio 2018, infatti, illustra l’impatto delle norme introdotte dal decreto legge 148/2017 (articolo 3) sulla disciplina della scissione dei pagamenti, con riferimento alle operazioni per le quali viene emessa fattura dal 1° gennaio 2018 in poi.
Il documento di prassi segue il decreto 9 gennaio 2018 con il quale il Mef ha definito le modalità di attuazione delle nuove disposizioni.
Il legislatore ha ampliato la platea di riferimento dello split payment, estendendo il meccanismo alle operazioni effettuate nei confronti:
In ogni caso, per l’esatta individuazione dei nuovi soggetti interessati bisogna fare riferimento agli elenchi pubblicati online dal ministero dell’Economia e delle finanze, relativamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi fatturate dal 1° gennaio 2018, e la cui imposta sia divenuta esigibile dalla stessa data.
Con un comunicato stampa del 7 febbraio scorso, il Mef, inoltre, ha confermato che l’inclusione di una società in uno degli elenchi ha effetto costitutivo.
Nella circolare in esame l’Agenzia delle entrate si sofferma soprattutto su alcune ipotesi particolari, chiarendo in quali casi si applica lo split payment e in quali no.
Nel caso di società, le cui quote sono intestate a una società fiduciaria, la circolare chiarisce che la valutazione circa l’applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti deve essere effettuata con riferimento alla natura del soggetto a cui fanno capo le quote. Infatti, nonostante la società fiduciaria rivesta, formalmente, la qualifica di proprietaria delle quote azionarie di cui è intestataria, l’effettivo titolare delle quote in questione è pur sempre il cliente fiduciante. Pertanto, andrà verificato se questo soggetto rientri o meno nell’ambito di applicazione dello split payment (a nulla rilevando l’intestazione formale delle quote azionarie). In capo al soggetto fiduciante, inoltre, deve essere effettuata l’analisi dei requisiti in termini di controllo e di partecipazione previsti dal comma 1-bis dell’articolo 17-ter, Dpr 633/1972.
Altra fattispecie particolare trattata dalla circolare riguarda le modalità di liquidazione dei compensi e degli oneri accessori dovuti ai consulenti tecnici d’ufficio (Ctu), che operano su incarico e come ausiliari dell’autorità giudiziaria. In accordo con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’Agenzia sottolinea che il compenso dei Ctu è posto a carico di tutte le parti in solido. Pertanto, la pubblica amministrazione (in questo caso l’amministrazione della giustizia), pur essendo riconducibile nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del Ctu. In base a queste considerazioni, l’Agenzia, quindi, esclude l’applicabilità della disciplina della scissione dei pagamenti.
Gli elenchi del Ministero hanno effetto costitutivo
Il documento di prassi pubblicato oggi ricorda che, per facilitare l’individuazione dei nuovi soggetti rientranti nel regime dello split payment, il Mef ha pubblicato sul proprio sito internet alcuni elenchi che permettono ai soggetti passivi Iva di verificare le informazioni relative ai cessionari/committenti e stabilire se applicare la scissione dei pagamenti. Quasi tutti gli elenchi sono al momento aggiornati al 10 aprile 2018, tranne quelli relativi alle società controllate dagli enti nazionali di assistenza e previdenza e alle società quotate (aggiornati al 19 dicembre 2017).
In base a quanto recentemente chiarito dal dipartimento delle Finanze (cfr comunicato del 7 febbraio 2018), la disciplina dello split payment ha effetto solo a partire dalla data di effettiva inclusione del soggetto nell’elenco e della sua pubblicazione on line. Conseguentemente, fino a quando l’ente o la società interessati non risulteranno inseriti nell’elenco aggiornato, non potranno considerarsi assoggettati alla disciplina della scissione dei pagamenti. Inoltre, l’eventuale attestazione prevista dal comma 1-quater dell’art. 17-ter, Dpr 633/1972, rilasciata dal cessionario/committente al fornitore, non avrebbe alcun effetto nel caso in cui fosse in contrasto con il contenuto degli elenchi.
L’accreditamento all’indice della Pa è obbligatorio, ma su richiesta
Per quanto riguarda la risposta all’ipotetica domanda/dilemma se una pubblica amministrazione rientri o meno nel perimetro applicativo del meccanismo della scissione dei pagamenti, l’Indice delle pubbliche amministrazioni (Ipa) permette ai fornitori di verificare i riferimenti degli enti pubblici ai quali devono emettere fattura con il meccanismo dello split payment.
Nei casi dubbi, in base alla legge, le Pa possono fornire, a richiesta dei cedenti o prestatori, un documento attestante la loro riconducibilità al novero dei soggetti per i quali si applica la scissione. Questo nel caso in cui la Pa acquirente soggetta alla scissione dei pagamenti non abbia richiesto di essere accreditata nell’Ipa. L’inserimento nell’Indice, infatti, è obbligatorio per i soggetti destinatari della fatturazione elettronica, ma dipende da una loro iniziativa e potrebbe essere ancora in itinere.
Infine, l’Agenzia chiarisce che eventuali comportamenti difformi, adottati dai contribuenti prima della pubblicazione dei chiarimenti forniti con la circolare di oggi, non saranno soggetti a sanzioni, purché non sia stato arrecato danno all’Erario con il mancato versamento dell’imposta dovuta. Ciò al fine di tutelare l’affidamento e la buona fede (come previsto dallo Statuo del contribuente), viste le condizioni di obiettiva incertezza perduranti fino all’emanazione della circolare.
News inserita il 09/05/2018 alle 06:57