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Cookie Law entro il 2 Giugno 2015

Entro il prossimo 2 giugno i Responsabili di siti web (pubblici e/o privati) devono adeguare il loro portale alla normativa europea sui cookie, come stabilito dal Garante della Privacy. Importanti le sanzioni previste.

Aggiornamento sito internet cookie law.JPG

 Se siete interessati a questa attività, contattateci via mail all'indirizzo info@sireinformatica.it e sarà ns. cura progettare questa attività.

Riferimenti del Garante della Privacy:

 

Articolo di Wired

Il provvedimento per “l’individuazione delle modalità semplificate per l’informativa e l’acquisizione del consenso per l’uso dei cookie” (numero 229/2014), ribattezzato “Cookie Law” sta per fare il suo debutto. Restano però poco chiare le reali finalità di quello che sembra essere un pasticcio male interpretato e concepito ancora peggio; tra l’altro con un considerevole ritardo rispetto alla legge madre, approvata dalla Commissione europea nel 2011.

La confusione è tanta sia per chi amministra i siti web sia per gli utenti, questi ultimi chiamati a rilasciare consensi informati sull’uso dei cookie, tema che di norma non conoscono a sufficienza e che non è stato minimamente dibattuto nell’anno di transizione messo a disposizione dalla pubblicazione della decisione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 2 giugno 2014.

La confusione non riguarda tanto i cosiddetti “cookie tecnici”, che permettono la memorizzazione di dati quali nomi utenti e password per l’accesso ai siti o alcune impostazioni particolari quali, per esempio, la dimensione dei caratteri di una specifica risorsa web, ma riguarda più che altro i “cookie di profilazione”, laddove il provvedimento diventa perlopiù inutile e, dal punto di vista degli inserzionisti, persino dannoso.

I cookie di profilazione sono preziosi per motivi pubblicitari, consentono infatti di veicolare messaggi in modo mirato, arrivando potenzialmente ad apparire a quegli utenti che hanno manifestato interesse per un prodotto o un servizio specifico. Si tratta di banner e video che di norma consideriamo noiosi e che, in alcuni casi, rallentano anche la navigazione. Il fatto però che un utente non acconsenta alla ricezione di cookie di profilazione, negando il proprio benestare tramite il banner che appare alla prima visita a un sito, non significa che la sua navigazione sarà esente da pubblicità, significa invece che video e banner non terranno conto degli interessi manifestati, a danno degli inserzionisti e del comparto che fa della pubblicità il proprio core business.

Va considerato che la Rete non è fatta solo da siti di multinazionali, siti di informazione o istituzionali, è densa di risorse preziose e utili pubblicate da persone che, con gli introiti pubblicitari, rientrano anche solo parzialmente dei costi sostenuti.

Il provvedimento non elimina la pubblicità e rappresenta un limite (superabile, per carità) per i gestori di siti web che dovranno adeguarcisi, adottando soluzioni tecniche che rappresentano a loro volta un business, poiché proliferano aziende che le forniscono dietro lauto compenso. In questo caso si parla soprattutto dei cookie definiti “di terze parti”, i plug-in sociali, risorse per le statistiche, banner, eccetera, caso in cui le policy che l’utente deve accettare (o rifiutare) vanno redatte seguendo i dettami del provvedimento stesso e la cui realizzazione potrebbe non essere nelle corde di chi ha aperto un proprio sito a livello amatoriale o non professionale, con il rischio di incappare in sanzioni che vanno dai 6mila ai 36mila euro; le linee per l’adeguamento al provvedimento sono a tratti fumose.

Non si tratta di tessere le lodi alla pubblicità sul web, quanto di comprendere fino a che punto questo provvedimento sia realmente inteso a tutelare la privacy dei navigatori ai quali viene chiesto un consenso definito “informato”, aggettivo che rischia di perdere gran parte del suo significato in un contesto, quello dei cookie e del loro funzionamento, che ancora oggi sfugge ai più.

Il Garante mette sulla graticola l’Internet advertising, in modo piuttosto spicciolo, senza valutare che il comparto del webmarketing e della pubblicità sulla Rete genera impiego e introiti pari a 2 miliardi di euro nel 2014, con una crescita di 12,7 punti percentuali rispetto al 2013 e dimenticando che la profilazione, online così come offline, è l’anima della pubblicità che, a sua volta, è l’anima del commercio.


News inserita il 29/05/2015 alle 09:13

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