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Centrali Uniche di Committenza: a quali appalti non si applica il modello?

L’Autorità nazionale anticorruzione ha fornito, con la determinazione n. 11/2015, ulteriori chiarimenti sull’applicazione del comma 3-bis dell’articolo 33 del codice dei contratti, specificando anzitutto una serie di elementi su modelli aggregativi individuati dalla norma. Il riferimento all’unione di comuni «ove esistenti» non può intendersi come volto a stabilire un primato di tale organismo rispetto alle altre modalità di aggregazione, però le amministrazioni interessate devono evitare un dispendioso utilizzo di «moduli aggregativi di scopo» ma al tempo stesso devono favorire la specializzazione del buyer pubblico, con conseguente efficientamento del sistema.

Nessuna deroga per la costituzione delle centrali di committenza da parte dei Comuni non capoluogo, salvo quelle previste dalla legge, ma il modello non si applica agli appalti di servizi compresi nell’allegato IIB (servizi sociali, culturali, eccetera) e alle concessioni.

Il ricorso ai soggetti aggregatori specificato nella disposizione impone che i Comuni non capoluogo si debbano avvalere di quelli compresi nell’elenco formato dall’Anac in base all’articolo 9 della legge 89/2014, non potendo fare ricorso ad altre centrali di committenza. Tuttavia le amministrazioni o le Unioni di comuni possono costituire, esclusivamente ai fini dell’articolo 33, comma 3-bis, anche società interamente pubbliche quali soggetti operativi di associazioni di Comuni o di accordi consortili tra i medesimi in rapporto di stretta strumentalità, con il solo compito di svolgere le funzioni di relativo ufficio competente per l’espletamento delle procedure di affidamento dei contratti pubblici.

L’Anac, facendo riferimento alla logica di razionalizzazione che è alla base della disposizione del codice, chiarisce che anche i Comuni capoluogo di provincia possono procedere ad acquisti tramite i moduli organizzativi e operativi individuati dal comma 3-bis, esercitando la facoltà di unirsi agli altri enti.

Eccezioni applicative dell’obbligo aggregativo

In relazione alle eccezioni applicative dell’obbligo aggregativo, la determinazione n. 11/2015 precisa che il ricorso agli strumenti elettronici gestiti da Consip (Mepa) o dai soggetti aggregatori regionali (piattaforme telematiche, altri mepa) non definisce una disciplina speciale per tali modalità di acquisto (semmai rappresentando la norma una sollecitazione ad un utilizzo più frequente), che sono comunque obbligatorie per gli acquisti di beni e servizi di valore inferiore alla soglia comunitaria (in base all’articolo 1, comma 450, della legge 296/2006).

Inoltre, le disposizioni dell’articolo 125 del Codice, relativo agli acquisti in economia, non possono ritenersi norme speciali che continuano ad applicarsi ai comuni non capoluogo di provincia: solo i Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti possono procedere ad acquisti autonomi, secondo le regole dettate per la soglia inferiore all’importo di 40.000 euro.

Le società partecipate

L’Anac precisa in modo più dettagliato anche la portata estensiva dell’obbligo alle società partecipate: l’utilizzo dei moduli aggregativi di acquisto deve riguardare le società in house che gestiscono servizi strumentali o quelle preposte allo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di competenza degli enti locali, che quindi devono ritenersi assoggettate agli stessi vincoli di aggregazione dei comuni controllanti.

Invece per le società in house che gestiscono servizi pubblici locali (compresi quelli a rete, come rifiuti, trasporto pubblico, idrico, eccetera) tale obbligo non è automatico, ma può derivare da scelte di coordinamento del comune socio, mediante la definizione di misure idonee ad un adeguato coinvolgimento delle medesime società nelle soluzioni aggregative imposte all’ente controllante. In ogni caso le società in house non possono acquisire lavori, beni e servizi per l’amministrazione che le controlla, in elusione alla normativa sull’obbligo di centralizzazione imposto ai comuni.

Gli ambiti esclusi

L’Anac evidenzia però come l’ambito oggettivo di applicazione del comma 3-bis dell’articolo 33 del codice non comprenda gli appalti di servizi esclusi, tra cui quelli dell’allegato IIB (servizi sociali, culturali, eccetera), nonché le concessioni di servizi. Anche le concessione di lavori sono sottratte all’applicazione della norma, ma a fronte delle difficoltà applicative connesse alle specificità del modulo concessorio, i comuni non capoluogo di provincia devono valutare la possibilità di porre in essere strutture specializzate nella gestione delle suddette procedure, in possesso del know how tecnico più adeguato.

Le responsabilità

L’Anac precisa infine la ripartizione della responsabilità di procedimento tra gli enti interessati, ipotizzando che il modello aggregativo possa comunque risultare gestore di tutte le fasi, potendo nominare quindi un proprio rup.

 

Fonte: Anacap - Lentepubblica.


News inserita il 21/10/2015 alle 07:30

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