Il decreto legislativo di modifica del d.lgs 33/2013 ha apportato significative modifiche ad una delle disposizioni più complesse, l’articolo 10.
La novella permette una rilevante semplificazione alle operazioni sin troppo complesse richieste dall’articolo 10, nella sua originaria versione.
Sin dalla modifica della rubrica dell’articolo, il programma triennale per la trasparenza sparisce come strumento di programmazione autonomo e a sé stante, per divenire, opportunamente, una semplice contenuto, per altro molto limitato, del triennale della prevenzione e della corruzione.
Stante la precedente formulazione della norma, per quanto fosse già possibile considerare il piano della trasparenza come una sezione del piano anticorruzione, molte amministrazioni avevano scelto di adottare due distinti piani: con i comprensibili oneri amministrativi e pericoli di duplicazione dei contenuti, oltre che del loro mancato coordinamento.
Si sostituisce, dunque, il contenuto velleitario del comma 1, che induceva le amministrazioni, anche i comuni più piccoli, a defatiganti e prive di utilità per sentire le associazioni rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori, allo scopo di approvare il programma triennale per la trasparenza e l’integrità.
Con la nuova formulazione del comma 1 sparisce il programma triennale per la trasparenza; basterà che ogni amministrazione indichi in una apposita sezione del Piano triennale di prevenzione della corruzione, i responsabili della trasmissione e della pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati.
Un taglio secco ad una serie di adempimenti realmente insostenibili, soprattutto per gli enti di minori dimensioni. Il taglio è talmente secco, che la novella abolisce, sempre molto opportunamente, il comma 2, che disciplinava i contenuti del programma triennale per la trasparenza e tanti problemi di natura operativa ed applicativa aveva creato agli operatori.
Salta anche totalmente la prima parte dell’originario testo del comma 3, che prevedeva complicati strumenti di coordinamento tra programma della trasparenza e strumenti di programmazione gestionale degli enti (il piano della performance nelle amministrazioni statali, il piano esecutivo di gestione negli enti locali).
Il nuovo comma 3 conserva solo la previsione secondo la quale le amministrazioni attraverso i tanti, troppi, strumenti di programmazione che debbono gestire, hanno il compito di promuovere “maggiori livelli di trasparenza”, considerando ciò come obiettivo strategico. A questo scopo, i programmi attuativi devono definire “obiettivi organizzativi e individuali”, sì da garantire che le misure procedimentali e organizzative del piano triennale anticorruzione costituiscono obiettivi per gli uffici e per i dirigenti titolari: dunque la promozione di maggiori livelli di trasparenza non deve mancare nella programmazione operativa e ai fini della valutazione del risultato.
Del resto, come prevede il comma 4 dell’articolo 10, le am- ministrazioni debbono garantire la massima trasparenza in ogni fase della gestione. La trasparenza, pertanto, costituisce elemento connesso strettamente ed irrinunciabile dell’ordinario modo di gestire.
Il comma 5 entra nel dettaglio operativo, regolando adempimenti connessi alla trasparenza in particolare della gestione delle risorse e dei rapporti di lavoro.
Un primo adempimento consiste nella pubblicizzazione dei costi nell’erogazione dei servizi. Lo scopo è evidente e duplice: da un lato, indurre le amministrazioni a misurare appunto i costi di produzione; dall’altro a renderli conoscibili, così da con- sentire confronti ai cittadini e permettere di “mettere in concorrenza” i livelli di efficienza e produzione. Il legislatore vorrebbe che si giungesse ad una riduzione del costo dei servizi, cagionato dall’elevazione del tasso di utilizzo delle tecnologie dell’informazione, che dovrebbe comportare una riduzione del costo del lavoro.
L’approccio appare solo parzialmente corretto. Il costo del lavoro non si riduce con l’utilizzo delle risorse telematiche, ma intervenendo sugli oneri previdenziali e fiscali. Probabilmente, il legislatore intendeva riferirsi ad un incremento della produttività del lavoro e ad una contestuale riduzione del costo di produzione. Ciò sembra confermato dall’obbligo di individuare i servizi finali ed intermedi ai sensi dell’articolo 10, comma 5[1], del d.lgs. 279/1997, sui quali conteggiare i costi. Il problema è che manca ancora un sistema definito e standardizzato per il computo del costo economico dei servizi. Il comma 5 vorrebbe che le amministrazioni provvedano appunto alla contabilizzazione dei costi, evidenziando quelli “effettivi”, connessi alla spendita di risorse, e quelli, invece, imputati al personale, peraltro confrontandoli nel tempo e pubblicandoli nel sito ufficiale. In assenza, appunto, di un si- stema di fissazione dei costi standard sarà difficile ottenere l’obiettivo del legislatore. Sarebbe il caso di rivitalizzare l’indagine effettuata tra il 2010 e il 2011 in attuazione della legge 42/2009 e rimasta al palo, anche a causa della campagna a favore dell’eliminazione delle province, sfociata nella legge 56/2014 e nella legge 190/2014 (con il caos normativo ed operativo successivo).
Il comma 6 riprende un altro adempimento che è piuttosto facile qualificare come “mero” ed eccessivamente pervasivo dell’autonomia organizzativa ed operativa delle amministrazioni, obbligandole a presentare il Piano e la Relazione sulla performance, previsti dall’articolo 10 del d.lgs. 150/2009 “alle associazioni di consumatori o utenti, ai centri di ricerca e a ogni altro osservatore qualificato, nell’ambito di apposite giornate della trasparenza senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
Appare davvero difficile da giustificare la permanenza nell’ordinamento di una disposizione del genere, dopo che il d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, ha imposto tagli fortissimi alle spese di comunicazione e rappresentanza, tra le quali indubbiamente rientrano le ipotizzate “giornate della trasparenza”. Peraltro, è lecito chiedersi a cosa possano servire simili iniziative le quali, a differenza di quanto ritiene l’estensore della norma, non possono certo essere organizzate senza maggiori oneri per la finanza pubblica, visto che le molteplici regole di trasparenza e pubblicità debbono rendere perfettamente visibili e conoscibili i documenti da presentare, in modo che le associazioni e qualsiasi cittadino possano in ogni momento conoscerle e valutarle.
Per la verità, l’adempimento, essendo attuativo di una norma, l’articolo 10 del d.lgs. 150/2009, non applicabile agli enti locali dovrebbe considerarsi non vincolante per detti enti.
Sta di fatto che molte amministrazioni, allo scopo di adempiere in via solo formale all’imposizione, organizza le “giornate” con semplici sessioni su internet, dandone informazione sempre sui propri portali: una toppa peggiore del buco.
Il comma 8 dell’articolo 10 del decreto di riordino della trasparenza riprende in parte il contenuto del comma 8 dell’abolito articolo 11 del d.lgs. 150/2009, imponendo di pubblicare sul sito istituzionale nella sezione da denominare “Amministrazione trasparente”:
comma 1, nonché i curricula dei titolari di posizioni orga- nizzative, redatti in conformità al vigente modello europeo.
In effetti, i dati da pubblicare elencati da questo comma 8 sono molti meno di quelli a suo tempo previsti dall’articolo 11 del d.lgs. 150/2009, dal momento che molti degli adempimenti di pubblicità sono disciplinati partitamente dalle singole norme del d.lgs. 33/2013.
Infine, il comma 9 prevede che la trasparenza debba essere uno degli elementi qualificanti degli standard di qualità dei ser- vizi pubblici e da garantire mediante le carte dei servizi.
Non sarà sfuggito ai più attenti che il testo della riforma approvato dal Governo non è ben coordinato, perché ha lasciato in essere il comma 7 dell’articolo 10, a mente del quale il Programma triennale per la trasparenza e l’integrità deve specificare modalità, tempi di attuazione, risorse dedicate e strumenti di verifica dell’efficacia delle iniziative previste: ma, se tale programma è stato soppresso, anche il comma 7 doveva essere abolito.
Fonte: https://rilievoaiaceblogliveri.wordpress.com/2016/02/16/abolito-il-piano-della-trasparenza/
News inserita il 16/02/2016 alle 18:47