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Corte dei Conti: Nessuna eccezione per gli Enti con meno di 1.000 abitanti al FPV

REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER  IL VENETO



FATTO


Il Sindaco del Comune di Vodo di Cadore (BL) – Comune con meno di   1000   abitanti   -  ha   presentato   richiesta   di   parere  ai   sensi dell’art.   7,   comma   8,   della   legge   5   giugno   2003,   n.   131, formulando il seguente quesito afferente l’applicazione della Legge n.  208/2015  (c.d.  Legge  di  Stabilità  per  il  2016),  che  all'art.  1 comma  707  abroga  le  norme  che  regolavano  il  "Patto  di  stabilità interno  degli  enti  locali'  (art.  31  L.  183/2011),  ed  introduce  un nuovo  obbligo  di  pareggio  finanziario,  in  termini  di  competenza, tra  entrate  finali  e  spese  finali  (art.  1  comma  710  L.  208/2015).

L'art.  1  comma  711  della  L.  208/2015  si  occupa  di  individuare  i titoli  di  entrate  e  di  spesa  rilevanti  ai  fini  del  predetto  pareggio:
limitatamente  all'anno  2016,  nelle  entrate  e  nelle  spese  finali  in termini  di  competenza  è  considerato  anche  il  fondo  pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso all'indebitamento.

Il  quesito  sottolinea  che  tale  obbligo  si  applica  a  tutti  i  Comuni, anche  a  quelli  con  popolazione  inferiore  a  1000  abitanti,  che  in precedenza non erano soggetti al Patto di stabilità.

Ciò  premesso,  il  Comune  formula  i  seguenti  quesiti,  chiedendo  in particolare se:

 

  1. la   quota   di   FPV   in   entrata   nel   2016   che   origina   dalla contrazione   di   un   mutuo   con   Cassa   Depositi   e   Prestiti   il   cui importo  è  stato  reso  immediatamente  disponibile  al  Comune  va considerata  come  "quota  rinveniente  da  indebitamento"  ai  sensi del comma 711 dell'art. 1 L. 208/2015 o come quota derivante da un'entrata classificabile nel titolo V;
  2. la   quota   di   FPV   in   entrata   nel   2016   che   origina   dalla contrazione di un mutuo avvenuta quando l'Ente non era soggetto alla  disciplina  abrogata  del  "Patto  di  Stabilità  Interno  degli  Enti Locali"   va   considerata   come   "quota   rinveniente   dal   ricorso all'indebitamento” ai sensi del comma 711 dell'art. 1 L. 208/2015.
    A  tal  fine,  il  Comune  sottolinea  che  nel  2015  ha  finanziato  un investimento  attraverso  la  devoluzione  di  un  mutuo  contratto  nel 2011  con  cassa  Depositi  e  Prestiti  e  solo  in  parte  erogato,  e  che l'investimento   finanziato   è   stato   realizzato   nel   2015   per   una piccola   parte   del   quadro   economico:   ciò   determina   quindi nell'esercizio 2015 la formazione di un fondo pluriennale vincolato in  uscita  e conseguentemente nell'esercizio 2016  la  formazione  di un  Fondo  Pluriennale  vincolato  in  entrata.  Nella  prospettazione datane  nel  quesito,  si  evidenzia  infine  che,  in  base  ai  Principi contabili  3.18,  3.20,  3.21,  5.6  e  all'Appendice  Tecnica-Esempio  8 dell'allegato  al  D.Lgs.  118/2011  le  somme  rese  subito  disponibili dall'Istituto  Mutuante  al  Comune  (dando  luogo  ad  interessi  attivi per  la  parte  non  erogata),  sono  destinate  ad  essere  prelevate dall'Ente,  accertate  al  Titolo  5  dell'Entrata  (Prelievi  da  Depositi Bancari),  generando  un'entrata  rilevante  ai  fini  del  nuovo  saldo finanziario.



DIRITTO



  1. Della  richiesta  di  parere  indicata  nelle  premesse  deve  essere esaminata, preliminarmente, l’ammissibilità, sotto i profili soggettivo   ed   oggettivo,   alla   luce   dei   criteri   elaborati   dalla Sezione  delle  Autonomie  della  Corte  dei  conti  ed  esplicitati,  in particolare,  nell’atto  di  indirizzo  del  27  aprile  2004  nonché  nella deliberazione n. 5/AUT/2006 del 10 marzo 2006.
    Sotto  il  primo  profilo,  la  richiesta  deve  ritenersi  ammissibile,  in quanto  sottoscritta  dal  Sindaco  dell’ente,  organo  politico  e  di vertice, rappresentante legale del medesimo.
    Sotto  il  profilo  oggettivo,  deve  essere  verificata  l’attinenza  della questione   alla   materia   della   “contabilità   pubblica”,   così   come delineata  nella  Deliberazione  delle  Sezioni  Riunite  n.  54/CONTR del  17  novembre  2010  ed,  ancor  prima,  nella  citata  deliberazione della  Sezione  Autonomie  n.  5/AUT/2006  nonché,  da  ultimo,  nella deliberazione della Sezione delle Autonomie, n. 3/SEZAUT/2014/QMIG.
    Devono  essere  valutate,  inoltre,  la  generalità  e  l’astrattezza  della questione.
    Quanto al  primo aspetto, la Corte ha affermato che la “nozione di contabilità    pubblica”,    pur    assumendo,    tendenzialmente,    “un ambito  limitato  alla  normativa  e  ai  relativi  atti  applicativi  che disciplinano,  in  generale,  l’attività  finanziaria  che  precede  o  che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la  disciplina  dei  bilanci  e  i  relativi  equilibri,  l’acquisizione  delle entrate,   l’organizzazione   finanziaria-contabile,   la   disciplina   del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione  e  i  relativi  controlli ”  (deliberazione  5/AUT/2006), non   può   non   involgere   –   pena   l’incompletezza   della   funzione consultiva  delle  Sezioni  regionali  –  quelle  questioni  che  risultino connesse  “ alle  modalità  di  utilizzo  delle  risorse  pubbliche,  nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica  (...)  contenuti nelle leggi  finanziarie, in  grado di  ripercuotersi  direttamente sulla sana  gestione  finanziaria  dell’Ente  e  sui  pertinenti  equilibri  di bilancio ” (deliberazione n. 54/CONTR/2010).
    In    questa    accezione,    più    ampia,   di    “contabilità   pubblica”, nell’ambito del corretto utilizzo delle risorse e della gestione della spesa  pubblica,  rientrano  le  questioni  attinenti  l’individuazione dell’ambito    applicativo    di  una    disposizione    –    quale    quella contenuta  nell’art.  1  comma  707  e  segg.  della  legge  di  stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208)- disciplinante il calcolo del nuovo   equilibrio   di   bilancio   in   relazione   all’istituto,   introdotto dall’armonizzazione contabile, del fondo pluriennale vincolato.
    Il  quesito  formulato  dal  Sindaco  del  Comune  di  Vodo  di  Cadore, inoltre,   può   essere   considerato   sufficientemente   generale   ed astratto.
  2. Esso  peraltro  richiede  di  precisare  i  contorni  dei  due  istituti rilevanti,  quivi  richiamati,  del  fondo  pluriennale  vincolato  e  delnuovo  equilibrio  di  bilancio  di  cui  all’art.  1  comma  707  e  segg. della legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208).
    Come   noto,   con   l'entrata   in   vigore   del   nuovo   ordinamento contabile, il "fondo pluriennale vincolato", essenziale per garantire l'applicazione  del principio della "competenza finanziaria potenziata"   e   conseguentemente   del   criterio   dell'esigibilità,   è, secondo la definizione data dal nuovo principio applicato, al punto 5.4,   "un   saldo   finanziario,   costituito   da   risorse   già   accertate destinate  al  finanziamento  di  obbligazioni  passive  dell'ente  già impegnate,  ma  esigibili  in  esercizi  successivi  a  quello  in  cui  è accertata l'entrata".
    Il  principio  specifica  inoltre  che  il  Fondo  pluriennale  vincolato  è finalizzato   al   sostenimento   di   determinate   tipologie   di   spesa specificamente  individuate,  e  pluriennale,  in  quanto  destinato  a garantire  il  raccordo  tra  più  esercizi  e  a  essere  gestito  in  un  arco temporale  più  esteso  dell'esercizio  annuale  e  trova  appostamento contabile tanto in entrata quanto in spesa.
    Al  di  là  delle  specifiche  situazioni  di  entrate  correnti  vincolate,  in cui  cioè  vi  è  l'esigenza  di  assicurare  il  rispetto  dei  vincoli  di destinazione, mantenendo la correlazione tra la spesa e la fonte di finanziamento, anche in chiave temporale in funzione dell'imputazione  contabile  eseguita  delle  poste,  e  di  altri  casi stabiliti  specificamente  dalla  legge  ,  la  necessità  di  accantonare tale  fondo,  sulla  base  dei  principi  contabili,  sorge  in  alcuni  casi ben  precisi,  che  pongono  l'esigenza  di  attivare  una  correlazione tra  fonti  e  impieghi  ovvero  ad  assicurare  la  copertura  finanziaria di   spese   attribuite   (anche   in   relazione   al   riaccertamento)   a esercizi successivi rispetto a quello di accertamento dell'entrata.
    Una  tipica  situazione  in  cui  scaturisce  l'esigenza  di  alimentare  il fondo  pluriennale  vincolato  è  rappresentato  –per  quel  che  qui rileva-  dalla  realizzazione  degli  investimenti,  nell'ipotesi  che  la spesa relativa sia in tutto o in parte esigibile in esercizi successivi rispetto  a  quello  in  cui  è  avvenuto  l'accertamento  dell'entrata (sempre  secondo  il  criterio  dell'esigibilità).  In  questa  ipotesi  il fondo  ha  la  finalità  di  rispondere  a  una  specifica  indicazione  del principio  della  contabilità  armonizzata,  a  mente  della  quale  "la copertura  finanziaria  delle  spese  di  investimento  che  comportano impegni di spesa imputati a più esercizi deve essere predisposta - fin   dal   momento   dell'attivazione   del   primo   impegno   -   con riferimento  all'importo  complessivo  della  spesa  dell'investimento, sulla base di un obbligazione giuridica perfezionata o di una legge di  autorizzazione  all'indebitamento".
    Al  momento  dell'attivazione, infatti,  l'utilizzo    del    fondo    pluriennale    vincolato    garantisce l'accantonamento  delle  risorse  necessarie  per  la  "copertura"  degli stati di avanzamento lavori che diventeranno esigibili successivamente,  rispettando  altresì  quanto  disposto  dal  nuovo articolo   200   del   Tuel   (come   modificato   dal   Dlgs   126/2014), secondo  cui  "1-ter.  Per  l'attività  di  investimento  che  comporta impegni   di   spesa   che   vengono   a   scadenza   in   più   esercizi finanziari,   deve   essere   dato   specificamente   atto,   al   momento dell'attivazione   del   primo   impegno,   di   aver   predisposto   la copertura  finanziaria  per  l'effettuazione  della  complessiva  spesa dell'investimento,  anche  se  la  forma  di  copertura  è  stata  già indicata  nell'elenco annuale del  piano  delle  opere  pubbliche  di  cui all'articolo 128 del decreto legislativo n. 163 del 2006”..  Quanto  alle  nuove  regole  poste  dalla  legge  28  dicembre  2015, n.  208  (legge  di  stabilità  2016),va  sottolineato  che  l’articolo  1, comma  707,  commi  da  709  a  713, comma  716  e  commi  da  719  a 734,  nelle  more  dell’entrata  in  vigore  della  legge  24  dicembre 2012,  n.  243,  in  materia  di  “Disposizioni  per  l’attuazione  del principio  del  pareggio  di  bilancio  ai  sensi  dell’articolo  81,  sesto comma,  della  Costituzione”  in  coerenza  con  gli  impegni  europei, detta   una   nuova   disciplina   di   finanza   pubblica   per   gli   enti territoriali  che  sostituisce  la  previgente  disciplina  del  patto  di stabilità interno degli enti locali  e i  previgenti  vincoli  delle regioni a statuto ordinario.In   particolare,   sul   piano   soggettivo,   a   tutti   i   Comuni,   a prescindere  dal  numero  di  abitanti,  viene  richiesto  di  conseguire un  saldo  non  negativo,  in  termini  di  competenza,  tra  le  entrate finali  e  le  spese  finali  (articolo  1,  comma  710), senza  alcuna precisazione   o   indicazione   ulteriore   ricavabile   dalla   norma   in commento  o  dalla  Circolare  applicativa  n.  5  del  10  febbraio  2016 del  MEF  concernente  le  nuove  regole  di  finanza  pubblica  per  il triennio   2016-2018   per   gli   enti   territoriali, mentre   sul   piano oggettivo,  la  nuova  disciplina  prevede  che,  per  la  determinazione del saldo valido per la verifica del rispetto dell’obiettivo di finanza pubblica, le  entrate  finali  sono  quelle ascrivibili  ai  titoli  1, 2, 3,  4 e  5  degli  schemi  di  bilancio  previsti  dal  decreto  legislativo  23 giugno  2011,  n.  118,  e  le  spese  finali  sono  quelle  ascrivibili  ai titoli 1, 2, 3 del medesimo schema di bilancio.
  3. Viene, inoltre, specificato – per quel che rileva ai fini del presente quesito-  che,  per  il  solo  anno  2016,  nelle  entrate  finali  e  nelle spese   finali   in   termini   di   competenza   è   considerato   il   Fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto tuttavia della quota riveniente dal ricorso all’indebitamento.
  4. La   chiara   formulazione   della   norma   e   quanto   più   sopra evidenziato consente di rispondere ai due quesiti posti.
    Al  riguardo, va posto  nel  dovuto risalto, sul  piano soggettivo, che nessun  rilievo  assume  la  circostanza  che  il  Comune  fosse  o  meno assoggettabile  alle  regole  del   patto  di   stabilità  nel   2015,  dal momento  che  le  nuove  regole  sono  dettate  per  tutti  i  Comuni  a prescindere dal numero di abitanti.
    Sul    piano    oggettivo,    nell’ipotesi    sottoposta    all’esame    della Sezione,  è  agevole  rilevare  che  si  tratta,  senza  ombra  di  dubbio, di poste del Fondo pluriennale vincolato derivante da indebitamento,  che  traggono  origine  quindi  da  un  mutuo  e  che così  vanno  interpretate  ai  fini  del  computo  del  saldo  2016  e dell’equilibrio  di  bilancio,  ai  sensi,  in  particolare,  del  comma  711 dell'art. 1 L. 208/2015.
    Più  specificamente  al  riguardo,  circa  le  modalità  di  registrazione contabile dell’utilizzo del mutuo, valgano le conclusioni cui era già approdata  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  (delibera  n.  4/2011 della  Sezione  regionale  di  controllo  della  Toscana)  e  a  cui  si  fa rinvio,  che  aveva  individuato,  dopo  una  analitica  disamina  delle diverse  prassi  di  contabilizzazione,  quella  ritenuta  più  coerente con i principi di sana gestione finanziaria e di regolarità contabile.

Alla luce di  quanto premesso e dei  principi ivi  enunciati, si  ritiene pertanto che, ai  fini  del  rispetto delle disposizioni  di  cui  all’art. 1, comma 711 e ss., della legge n. 208/2015, in caso di utilizzo di un mutuo concesso nell’anno 2015 (o in anni precedenti) e impiegato anche  per  il  finanziamento  di  investimenti  esigibili  nell’annualità successiva, l’ente per l’annualità 2016 non deve considerare né in entrata  né  in  spesa  la  quota  di  FPV  che  deriva  dall’utilizzo  del mutuo  e  non  ancora  prelevata  dal  conto  di  deposito,  con  un peggioramento,   pertanto,   del   nuovo   saldo   di   finanza   pubblica qualora l’opera sia interamente esigibile nel solo anno 2016: ciò in quanto  l’ente  per  tale  esercizio  dovrà  considerare  interamente  la spesa  impegnata  al  titolo  2,  ma  non  potrà  considerare  l’entrata rappresentata  da  FPV  finanziato  a  sua  volta  dal  mutuo.  
In  altri termini, per effetto della normativa richiamata, nel nuovo saldo di finanza    pubblica    non    rileva    in    alcun    modo    l’accertamento mantenuto a residui alla voce di bilancio corrispondente, in quanto per  il  2016  sia  le  entrate  finali  che  le  spese  finali  devono  essere considerate unicamente in termini di competenza e non di cassa.


PQM


La  Sezione  regionale  di  controllo  per  il  Veneto  rende  il  parere  nei termini sopra indicati.
Copia  della  presente  deliberazione  sarà  trasmessa,  a  cura  del Direttore  della  Segreteria,  al  Sindaco  del  Comune  di  Vodo  di Cadore (BL)

 

Fonte:

pdf_p.gif Delibera 256 / 2016 - Corte dei Conti


News inserita il 13/04/2016 alle 17:44

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