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Nuova proroga CIE (breve e probabilmente soggetta a nuovo rinvio)

Più di 44 milioni di euro spesi in dieci anni per un progetto che non è mai decollato e che, anzi, si è infilato in un vicolo buio. Qualcuno, infatti, ancora ci crede e ha posticipato alla fine di quest'anno il momento del debutto. Per ora la carta di identità elettronica (Cie) - voluta dalla legge 127 del '97,ma diventata realtà solo nell'estate '99 - vive in una perenne fase di sperimentazione.
I test continuano in 138 Comuni, soprattutto piccoli e medi, mentre altri 11 hanno chiesto di entrare a far parte del gruppo dei battistrada. Dopo un decennio di esperimenti, le Cie emesse ogni anno non sono più di 400mila, neanche l'1% dei 43 milioni di card che circolano oggi in Italia.
Un paradosso, se si considerano tutti i soldi spesi - i 44 milioni sono quelli conteggiati dal ministero dell'Interno, che è il regista dell'operazione Cie,e rappresentano la parte più consistente, ma non sono certo gli unici - e il fatto che la carta di identità tradizionale, pensata alla fine degli anni Quaranta, è ormai obsoleta. E non solo per un fatto estetico: è, infatti, realizzata senza inchiostri di sicurezza ed è, dunque, facilmente duplicabile. A dirlo è chi le produce, ovvero il Poligrafico dello Stato. L'amministratore delegato, Lamberto Gabrielli, lo ha spiegato di recente ai componenti della commissione Affari costituzionali della Camera. Dalle parole di Gabrielli, così come da quelle di Angela Pria, capo del dipartimento per gli Affari interni e territoriali del Viminale, si capisce come l'affare della carta di identità elettronica si sia complicato strada facendo e ora sembri - per usare l'espressione di Gabrielli - un romanzo uscito dalla penna di Kafka.
Più volte, infatti, il progetto è stato sul punto di andare a regime, salvo poi fare sistematicamente marcia indietro. Da dieci anni a questa parte non c'è stato ministro dell'Interno, della Funzione pubblica o dell'Innovazione che non abbia annunciato la fine della vecchia carta di identità. Per esempio, secondo la legge 43 del 2005 quel momento sarebbe dovuto cadere il 1�gennaio 2006. Ovviamente, non è successo nulla. Si è andati avanti con i soliti test, complicati dal fatto che sino a novembre 2007 non si disponeva delle regole tecniche per la Cie e dalla conflittualità che si è instaurata fra il partito della carta di identità elettronica e quello della carta dei servizi, che alcune regioni hanno da tempo attivato. Come se non bastasse, si è aggiunto il capitolo costo della Cie, fissato in un primo momento a 30 euro e poi ribassato a 20. Il taglio ha fatto andare in tilt il piano industriale del Poligrafico dello Stato (si prevedevano investimenti per 200 milioni di euro), indicato per legge come il soggetto che deve produrre le nuove card e fornire ai Comuni le macchine per stamparle. Il consorzio Ip (Innovazione e progetto) costituito per lo scopo dal Poligrafico, che ne era socio di maggioranza, è stato perciò sciolto.
Ma la Selex service management, socio minoritario, ha impugnato la decisione davanti al tribunale civile (che ha sospeso la deliberazione di scioglimento in attesa di pronunciarsi, nel 2010, sul merito) e alla giustizia amministrativa (il Tar ha dato ragione alla Selex). Al momento, dunque, non si sa chi dovrà fornire i supporti per stampare le Cie.
Nonostante il naufragio del piano industriale originario, con la manovra estiva 2008 (decreto legge 112) si è deciso di allungare la validità della carta da cinque a dieci anni e di inserire nella tessera anche le impronte digitali. Il che significa, regole tecniche da rivedere.
L'ultimo capitolo è di non più di un mese fa: il "milleproroghe" (Dl 207/2008) ha spostato a fine anno la diffusione della Cie come strumento indispensabile per l'accesso ai servizi erogati in rete dalla pubblica amministrazione. Dieci mesi per completare quanto non si è riusciti a fare in dieci anni.

Fonte: Il sole 24 Ore


News inserita il 29/03/2009 alle 08:38

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