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Bollettini Impugnabili

La Sentenza n 25591 del 17 Dicembre 2010 pdf_p.gif definisce che sono impugnabili in commissione tributaria tutti gli atti relativi ad una pretesa fiscale, persino un semplice bollettino di conto corrente postale.

L'articolo 19 del dlgs. 546/1992 va interpretato in maniera estensiva:
qualsiasi atto amministrativo può essere equiparato, per funzione, agli atti tipici impugnabili.

D'ora in poi le Amministrazioni dovranno porre particolare attenzione ad emettere solamente atti impositivi adeguatamente dettagliati e soprattutto che rispettino i requisiti dello Statuto del contribuente.
Diversamente rischiano di vedere annullati i propri atti dalle commissioni tributarie.

Di seguito l'art. 19 della L. 546/1992 e la Sentenza 25591.

Sent. n. 25591 del 17 dicembre 2010 (ud. del 16 marzo 2010)
della Corte Cass., Sez. tributaria – Pres. Lupi, Rel. Polichetti
Contenzioso – Atti relativi – Pretesa fiscale – Bollettini  postali  –  Atti
tipici impugnabili - D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19

     Fatto e diritto - Con sentenza  n.  24  del  11.02.2002  la  Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha accolto il ricorso presentato dalla L.R. SPA avverso "bollettino di conto corrente postale" emesso dalla I.C.A. Srl , in data 13.01.01  n.  …/002,  relativo  a  "imposte  sulla  pubblicità";  il ricorrente aveva eccepito che nel provvedimento non erano state precisate le ragioni della  pretesa  nè  a  quale  tipologia  di  mezzi  si  fosse  fatto
riferimento, nè le modalità di calcolo seguite dalla  p.a.  per  determinare l'imposta richiesta.

    Contro tale decisione  ha  proposto  appello  la  I.C.A.  Srl  con  atto depositato il 11.06.2002.

    La causa è stata decisa  all'udienza  del  18.11.2003  con  la  seguente motivazione.

    "L'appello della I.C.A. Srl va accolto.
    I primi giudici, rilevato che il bollettino di  conto  corrente  postale
con l'indicazione dell'importo realizza una vera e propria liquidazione  del tributo,  hanno  ritenuto  l'impugnazione  ammissibile,  nonchè  valide   le eccezioni sollevate dal contribuente e, quindi, hanno  accolto  il  ricorso, annullando l'atto impugnato - spese compensate.

    A fronte di tale decisione parte  appellante,  ribadendo  quanto  in  1^ grado, specifica altresì che la sentenza dei primi giudici appare del  tutto immotivata, non spiegando in alcun modo i motivi per cui è stata  dichiarata ammissibile l'impugnazione proposta dal contribuente: il bollettino di conto corrente postale è da ritenersi solamente un atto "avente solo  la  finalità di  informare  il  contribuente  della  data  di  scadenza   del   pagamento dell'imposta dovuta".

    Con atto depositato il 27.07.02 la Rinascente  Spa  si  costituisce  nel giudizio di appello, ribadendo quanto in 1^ grado e  chiedendo  la  conferma della sentenza impugnata.

    Questo giudice, ritiene che il bollettino di conto corrente  postale  di cui trattasi non è qualificabile come un atto di liquidazione di  imposta  e che  lo  stesso  non  rientra  negli   atti   impugnabili   dettagliatamente specificati nel D.Lgs. 31  dicembre  1992,  n.  546,  art.  19  ritiene,  di conseguenza, inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di giudizio.

    Avverso la suddetta sentenza la  S.I.D.M.  S.p.A.  ha  proposto  ricorso innanzi a questa Corte sulla base di quattro motivi.

    Con il primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19; violazione e falsa  applicazione  dell'art. 360 c.p.c., n. 3; violazione o falsa applicazione di norme di diritto.

    In particolare la Commissione Tributaria Regionale di Milano ha ritenuto che il bollettino di conto corrente postale  non  rientrasse  tra  gli  atti impugnabili ai sensi dell'art. 19 del sopra citato D.Lgs..

    Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e  falsa  applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, cit. art. 19; violazione  e  falsa  applicazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5; violazione  e  falsa  applicazione  del  D.M.  5 agosto 1994, art. 4; insufficiente motivazione su un  punto  decisivo  della controversia.

    In particolare:

    1) l'avviso impugnato indica espressamente l'importo da pagare;
    2) si tratta del primo ed unico atto di  imposizione  relativo  al  2001 ricevuto dalla ricorrente in relazione all'imposta sulla pubblicità;
    3) il  citato  decreto  ministeriale  prescrive  che   la   riscossione
       dell'imposta della pubblicità venga effettuata, come nella specie, mediante bollettini di conto corrente.

    Con il terzo  motivo  viene  dedotta  la  violazione  dei  principi  di
trasparenza e buon andamento della Pubblica Amministrazione (art. 97 Cost.);
violazione del diritto alla  difesa  costituzionalmente  tutelato  (art.  24 Cost.); violazione del contraddicono.

    Con il quarto motivo viene dedotta la violazione dell'art. 92 c.p.c.;
    violazione dell'art. 360 c.p.c. per difetto assoluto di motivazione.
    Nel caso di specie, fatte salve le motivazioni sopra esposte,  nel  caso di rigetto del ricorso la condanna alle spese  era  ingiusta  in  quanto  si trattava di un comportamento ascrivibile esclusivamente  all'Amministrazione comunale, e, in ogni caso si trattava di importi eccessivi per i  quali  non era possibile controllarne la  congruità  sulla  base  delle  tabelle  degli onorari.

    La I.C.A. S.r.L. con controricorso deduceva, in via preliminare,  alcune asserite violazioni di norme processuali  ed  in  particolare  la  tardività della notifica del ricorso in cassazione e la omessa notifica  dello  stesso al Comune di Rescaldina.
    Nel merito veniva dedotta l'infondatezza dei motivi di gravame.
    il Comune di Rescaldina non interveniva nel presente giudizio.
    I primi due motivi del controricorso dell'I.C.A. s.r.l., che attenendo a questioni procedurali, devono essere esaminati per  primi  sono  palesemente infondati.

    L'I.C.A. s.r.l., con il  controricorso  notificato  in  data  15.3.2005,
asserisce, del tutto erroneamente, che il ricorso proposto da SIDM  dovrebbe essere dichiarato inammissibile poichè notificato oltre il  termine  di  cui all'art. 327 c.p.c..

    Sul punto, preliminarmente, è opportuno chiarire che la sentenza gravata è  stata  depositata  presso  la  segreteria  della  Commissione  Tributaria Regionale di Milano il 22.12.2003 e non è mai stata notificata.

    Pertanto il termine "lungo" per la proposizione dell'appello (che  nella specie è di un anno dalla data di pubblicazione della sentenza, a cui doveva essere aggiunto il termine di 45 giorni relativo alla sospensione feriale  a mente della L. 7 ottobre 1969, n. 742) è scaduto il  5.2.2005  e  non,  come erroneamente sostenuto da I.C.A., il 4.2.2005.

    Il gravame in epigrafe, come risulta dalle relate di notifica,  è  stato regolarmente notificato da S.I.D.M. il 5.2.2005.

    Nel caso di specie a nulla rileva il fatto che  l'anno  2004  sia  stato
bisestile.

    Sul punto, infatti, questa Corte ha chiarito  che  "Il  termine  annuale d'impugnazione va computato, ai sensi dell'art. 155 cod. proc. civ., secondo il calendario comune, con la conseguente irrilevanza del fatto che  in  esso sia compreso il mese di febbraio di un anno bisestile" (Sez. Unite, sent. n. 1547 del 29.03.1989).

    Pertanto l'eccezione è priva di fondamento.

    Anche la seconda eccezione è infondata in ordine  alla  presunta  omessa integrazione del contraddittorio.

    Sul  punto  è  sufficiente  osservare  che  il  gravame,  come   risulta dall'originale dell'atto notificato, è stato regolarmente  notificato  anche al Comune di Rescaldina pertanto anche tale eccezione deve essere disattesa.

    Passando all'esame dei motivi del ricorso ritiene  il  Collegio  che  il primo motivo del gravame è fondato, e, pertanto deve essere accolto.

    Il bollettino di conto corrente gravato con il ricorso  di  primo  grado
indica espressamente l'importo da  pagare  e  costituisce  l'unico  atto  di imposizione  ricevuto  dall'appellante  in   relazione   all'imposta   sulla pubblicità per l'anno 2001.

    È pertanto evidente che si tratta di  un  atto  impositivo  soggetto  ad impugnazione a mente del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19.  In  tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento  o di liquidazione, impugnabili ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992,  n.  546, art. 19 tutti quegli atti (anche un bollettino  di  conto  corrente  postale come nel caso di specie) con cui l'Amministrazione  esercita  nei  confronti del contribuente una pretesa tributaria ormai definita. Ciò anche  nel  caso
in cui tale comunicazione non si concluda con  una  formale  intimazione  di pagamento, sorretta dalla  prospettazione  in  termini  brevi  dell'attività esecutiva, non assumendo alcun rilievo la  mancanza  della  formale  dizione "avviso di liquidazione" o "avviso di pagamento" o  la  mancata  indicazione del  termine  o  delle  forme  da  osservare  per  l'impugnazione  o   della commissione tributaria competente, le quali possono dar luogo soltanto ad un vizio dell'atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto  termine,  o anche giustificare la rimessione in  termini  del  contribuente  per  errore
scusabile.

    Sul punto questa Corte ha già chiarito  che,  "In  tema  di  contenzioso tributario, l'elencazione degli "atti impugnabili", contenuta nel D.Lgs.  n. 546, del 1992, art. 19 pur dovendosi considerare tassativa, va  interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela  del contribuente  e  di  buon  andamento  della   P.A.,   che   in   conseguenza
dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la  L.  n.  448 del 2001. Ciò comporta la facoltà di ricorrere ai giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che, con l'esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria,  senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo  scopo  dello spontaneo adempimento cui è "naturaliter" preordinato, si vesta della  forma
autoritativa  di  uno  degli  atti  dichiarati   espressamente   impugnabili dall'art. 19 citato. La mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall'art. 19 citato non determina,  in  ogni caso, la non impugnabilità (e cioè la cristallizzazione) di quella  pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall'art. 19. (Fattispecie relativa ad avviso di pagamento emesso da un  Consorzio  di bonifica per contributi, e recante allegata una nota, la  quale  evidenziava
al contribuente che "la  documentazione  che  troverà  allegata  costituisce esclusivamente un avviso di pagamento e cioè un invito  a  pagare,  così  da evitare l'emissione della cartella esattoriale ed il conseguente aggravio di spese di riscossione" (Cass. civ. Sez. 5  Sent.,  25.02.2009,  n.  4513;  v. anche Cass. civ., Sez. Unite, 24.07.2007, n. 16293).

    Ne consegue  l'accoglimento  del  primo  motivo  de  ricorso,  rimanendo assorbiti gli altri.

    P.Q.M. - La Corte accoglie il primo motivo del  ricorso,  assorbiti  gli
altri, cassa la  sentenza  e  rinvia  ad  altra  sezione  della  Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.

 


News inserita il 21/01/2011 alle 09:33

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